Salute

“Edoardo Bove non ha danni neurologici, rianimato tempestivamente dopo l’arresto cardiaco”. L’esperto: “Ecco perché questi malori sono così imprevedibili”

In queste ore è fervida l’attesa nel mondo del calcio, e non solo, sulle condizioni del calciatore della Fiorentina Edoardo Bove, colpito da malore durante il match con l'Inter

Si è un attimo piegato per allacciarsi le scarpe, approfittando di una pausa di gioco. Appena rialzatosi, ha fatto due-tre passi per poi improvvisamente accasciarsi al suolo. In queste ore è fervida l’attesa nel mondo del calcio, e non solo, sulle condizioni del calciatore della Fiorentina Edoardo Bove, colpito da malore durante il match con […]

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Si è un attimo piegato per allacciarsi le scarpe, approfittando di una pausa di gioco. Appena rialzatosi, ha fatto due-tre passi per poi improvvisamente accasciarsi al suolo. In queste ore è fervida l’attesa nel mondo del calcio, e non solo, sulle condizioni del calciatore della Fiorentina Edoardo Bove, colpito da malore durante il match con l’Inter. Sembra si tratti di un arresto cardiaco. I soccorsi sono stati comunque rapidi: è stato rianimato, gli è stato fatto il massaggio cardiaco. Non si può escludere che il cuore sia ripartito con il massaggio e che poi sia stato necessario usare il defibrillatore. Di fatto, “Se, come è stato riportato, il calciatore non ha alterazioni di tipo neurologico, vuol dire che hanno mantenuto efficacemente il circolo, perché altrimenti dopo un paio di minuti si iniziano ad avere danni cerebrali. Quindi sono stati tempestivi e bravi”, ha sottolineato all’Adnkronos Salute Massimo Grimaldi, Presidente designato dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco) e direttore Cardiologia dell’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari).

Il parere dell’esperto
Questi episodi possono essere evitati o sono particolarmente imprevedibili? È la domanda più frequente che viene sollevata, soprattutto quando chi ne è vittima è un atleta professionista, teoricamente sotto costante controllo medico. “La medicina permette di fare delle analisi molto approfondite sulla maggioranza delle patologie, ma ce ne sono alcune che hanno una manifestazione così difficile da evidenziare che nonostante controlli accurati possono non essere rilevate – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Francesco Burzotta, Responsabile Centro di Coordinamento Cardiologico della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Direttore UOC di Cardiologia, Università Cattolica del Sacro Cuore -. L’altro aspetto da considerare è che la medicina non può prevedere il futuro. In altre parole, una malattia può fare la sua comparsa dopo l’ultimo controllo, come per esempio un’infiammazione cardiaca, e quindi non essere presente in occasione degli ultimi accertamenti”.

Bisognerebbe fare controlli più frequenti?
“Su questo aspetto voglio sottolineare un dato importante: la periodicità con cui vengono effettuati i controlli nella medicina dello sport italiana rappresenta praticamente il top a livello mondiale. Siamo un Paese estremamente avanzato su questo ambito. La nostra regolamentazione prevede quello che è ragionevole fare. Rimane però chiaro il concetto che una persona, per esempio, prima di avere un’infezione poteva stare bene e quindi prevedere quello che succederà di lì a poco è praticamente impossibile”.

Su cosa bisognerebbe migliorare nel campo degli interventi di primo soccorso, soprattutto in ambito dilettantistico?
“Si dovrebbe migliorare non tanto l’organizzazione sanitaria, ma quella sociale. Mi spiego meglio: gli accertamenti clinici su una persona possono essere intensificati quanto vogliamo, ma in molti casi il nodo cruciale da risolvere è la possibilità di intervenire prontamente quando accadono simili eventi”.

Quindi dotarsi di un defibrillatore da tenere sempre a portata di mano?
“Non solo. Ci deve essere la presenza di un operatore che sia in grado di intervenire. E attenzione, non deve essere necessariamente un medico. È sufficiente una persona che sia stata formata da personale medico a svolgere gesti semplici di rianimazione e sappia fare funzionare un defibrillatore automatico. Il numero di questi dispositivi in luoghi pubblici sta aumentando e sicuramente in ambito sportivo ormai tutte le società dovrebbero essere in grado di possederne uno. Non bisogna però dare per scontato che ci sia una persona disponibile e capace di farlo funzionare”.

È complicato acquisire una formazione di pronto intervento di questo tipo?
“No, sono sufficienti due giornate e, periodicamente, fare qualche aggiornamento. Considero quindi importante ampliare il numero di persone formate in questo senso. Un obiettivo non così difficile da raggiungere”.

In poche parole, due giorni investiti in formazione, possono valere molte vite.
“Esatto. L’obiettivo è potenziare nella popolazione, magari investendo sui giovani, la capacità di aiutare le persone in difficoltà con programmi di istruzione dedicati”.