Un calciatore crolla in campo, la partita viene sospesa, i calciatori sono in lacrime: centinaia di migliaia di appassionati col fiato sospeso, perché di fronte a una tragedia del genere non esistono più tifoserie, tutti vorrebbero solo sapere come sta il ragazzo, cos’ha avuto, se ce la farà. Ma la tv della Serie A rimane al buio: non una notizia, un aggiornamento. Solo l’immagine fissa dello stadio Franchi desolato, il campo verde e il microfono ambientale in sottofondo, senza commento. Il malore di Edoardo Bove durante Fiorentina-Inter ha dimostrato la totale inadeguatezza di Dazn.
GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI SULLE CONDIZIONI DI EDOARDO BOVE
Ovviamente oggi l’unica cosa che conta sono le condizioni del ragazzo, pare per fortuna incoraggianti. Questo però non significa che non si possa parlare di come sia stato coperto l’evento. Anzi, a maggior ragione si deve farlo, perché proprio in un frangente così drammatico si percepisce l’urgenza del servizio giornalistico, molto più che nel commento di un gol o di un rigore mancato. Ieri intorno alle 18.15 davvero tutta l’Italia del pallone era incollata allo schermo in attesa di una buona notizia sulla salute di Bove. E invece si è trovata di fronte a un black-out totale durato almeno mezzora. Quasi surreale. Semplicemente inaccettabile.
La condotta di Dazn è stata un misto di impreparazione, dilettantismo ed imbarazzo puro, frutto della linea editoriale dell’azienda, che si traduce ogni domenica in una mancanza di rispetto nei confronti degli abbonati. Ma stavolta ha superato il limite. Dazn non è riuscita a far fronte all’imprevisto (andare al di là del semplice commento della gara, seguire un evento di cronaca) semplicemente perché non aveva i mezzi e le competenze per farlo, non avendo costruito niente intorno ai diritti tv. Non c’era uno studio in grado di raccogliere la linea (è previsto soltanto per la partita serale). Non un inviato a cercare notizie fresche sul campo o una redazione alle spalle per verificarle (in estate anche noi sul Fatto abbiamo raccontato i tagli al personale, che certo non avrebbero migliorare la qualità del prodotto). Non c’era nulla di nulla, se non l’immagine del campo. Quella che del resto Dazn ha pagato a caro prezzo alla Lega Calcio, dissanguandosi, e si limita a ridistribuire (male) ai tifosi, a prezzi ancora più alti, nella speranza di rientrare dell’esborso.
Sfortuna di Dazn poi ha voluto che Fiorentina-Inter fosse una delle tre partite condivise con Sky. Perché il confronto col diretto concorrente è stato davvero impietoso: mentre Dazn rimaneva a camera fissa e microfoni spenti, i colleghi hanno offerto un servizio puntuale e rigoroso, con aggiornamenti costanti e toni misurati. Un buon esempio di cosa vuol dire costruire un contenuto editoriale a tutto tondo sul pallone, investire sul prodotto e sui propri clienti, cosa che Sky – le va dato atto – nel bene e nel male ha sempre fatto. Invece tutti gli abbonati Dazn – che ricordiamo oggi sarebbe la tv ufficiale della Serie A, quella che ha l’esclusiva del campionato per i prossimi 5 anni – sono stati costretti a cambiare canale o rivolgersi ad un altro mezzo (radio, internet), per sapere cosa stava succedendo a Bove. Questa è la sconfitta più grande per Dazn, che certifica il fallimento del suo progetto.
Tutto ciò per la bellezza di 599 euro all’anno. Che attenzione, al contrario di quanto lamentano i tifosi non sarebbero nemmeno un furto: gli italiani, che ormai odiano Dazn persino oltre i suoi demeriti, pretendono ingenuamente di pagare due spicci per guardare il campionato che la Lega Calcio vende a peso d’oro ai broadcaster. Una cinquantina di euro al mese per vedere con due account diversi l’intera Serie A sarebbe anche un prezzo tutto sommato di mercato, in linea col resto d’Europa. Il vero problema non è quanto costa Dazn. È cosa offre.