A fine ottobre si era ben guardata dal commentare i dati Istat che attestavano per settembre un andamento deludente del mercato del lavoro, con un forte calo dei dipendenti a tempo indeterminato. Ora che dalle statistiche flash dell’istituto di statistica emerge una ripresa, per quanto parziale e tutta concentrata nella fascia degli uomini over 50, la premier Giorgia Meloni si affretta invece a esultare sui social. “Accogliamo positivamente i dati di ottobre diffusi oggi dall’Istat, con l’occupazione in salita e il tasso di disoccupazione che scende”, scrive. “Dati che ci incoraggiano a proseguire con determinazione il lavoro per rafforzare l’occupazione, sostenere famiglie e imprese, e costruire un futuro di crescita e stabilità per l’Italia”. Ma la card postata su X insieme al commento indica un numero di occupati platealmente sbagliato al rialzo: 24,92 milioni invece che i 24,092 indicati da Istat. Uno zero in meno che equivale a quasi 830mila lavoratori in più, inesistenti nella realtà.

Anche stavolta insomma, sebbene non servisse nemmeno la calcolatrice con cui a Porta a porta aveva tentato con scarso successo di calcolare gli stanziamenti pro capite per la sanità, la presidente del Consiglio litiga con i numeri. Macroscopico errore a parte, i festeggiamenti appaiono in ogni caso fuori luogo. E non solo perché anche in ottobre le donne occupate sono diminuite e continuano a crescere le inattive. L’andamento degli occupati per età parla di un aumento dovuto esclusivamente agli over 50 (+66mila a ottobre), mentre per le fasce di età che dovrebbero rappresentare il fulcro del mercato del lavoro – quelle tra i 25 e i 49 anni – si registra una riduzione (-19mila occupati complessivi mese su mese).

L’andamento anno su anno è impietoso: le tabelle dell’Istat mostrano che 306mila sui 363mila occupati in più rispetto all’ottobre 2023 hanno appunto 50 anni o più. Si tratta anche dell’unica fetta che ha visto scendere i disoccupati senza che in parallelo aumentassero di molto gli inattivi. Nella platea tra i 15 e i 49 anni l’inattività al contrario è esplosa, un trend che dovrebbe preoccupare non poco il governo visto che si tratta della condizione di chi non lavora ma nemmeno cerca un posto. Tra i più giovani (15-24 anni) gli inattivi sono saliti addirittura di 173mila unità a fronte di un calo dei disoccupati di 135mila. Tra i 35-49enni i disoccupati si sono ridotti di 167mila ma si contano 154mila inattivi in più. Molti che fino a un anno fa cercavano occupazione hanno insomma smesso di farlo.

Anche al netto della componente demografica, che di per sé fa sì che i lavoratori di età avanzata siano percentualmente sempre di più, l’aumento degli occupati e il calo dei disoccupati su base annua dipendono soprattutto da chi ha superato i 50 anni. Tra i 35-49enni l’occupazione invece vede un incremento minimo (+0,1%) e l’inattività sale del 7,8%. Tra i 15-34enni la variazione è del 3,3%. Segnali da un mercato sbilanciato, in cui l’occupazione giovanile non riesce a recuperare lo storico ritardo rispetto al resto della Ue e il lavoro aumenta solo per i maschi over 50.

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