Avrebbe ordinato l’omicidio dell’ultrà milanista Enzo Anghinelli nel 2019. E’ la nuova accusa a carico del capo ultrà della curva Sud rossonera, Luca Lucci – il capo ultrà del Milan fotografato nel 2018 nell’atto di dare il “cinque” Matteo Salvini, quando il segretario della Lega era ministro dell’Interno -, arrestato il 30 settembre nell’inchiesta della Dda di Milano sulle curve di San Siro per associazione per delinquere finalizzata ad una serie di aggressioni ed estorsioni, nonché colpito anche da misura cautelare il 18 novembre in un’indagine su un maxi traffico di droga.

Nelle indagini della Squadra mobile coordinate dai pm Paolo Storari e Leonardo Lesti, per la tentata uccisione di Anghinelli, che venne gravemente ferito a colpi di pistola alla testa in via Cadore il 12 aprile di cinque anni fa e si salvò per miracolo, il 17 ottobre era stato già fermato Daniele Cataldo, 52 anni, ritenuto il “vice” di Lucci. E già si era saputo che, nell’ambito dei nuovi accertamenti sul ‘cold case’, il capo ultrà rossonero, 43 anni e detto “la belva“, era indagato per il tentato omicidio in qualità di presunto mandante. Oggi gli è stata notificata, nel penitenziario di Voghera (Pavia) dove è detenuto, la nuova ordinanza di custodia in carcere del gip Domenico Santoro.

Durante l’interrogatorio, Cataldo aveva negato di essere uno dei due uomini in sella allo scooter dal quale partirono i colpi. Un agguato che, secondo le indagini, sarebbe maturato nell’ambito di “uno scontro per il controllo della Curva Sud” e per certificare la volontà di “supremazia” conquistata dal 2016 da Luca Lucci, che stava portando avanti una “guerra” contro un altro gruppo di ultrà milanisti, i “Black Devil“, capeggiati da Domenico Vottari, a cui era legato Anghinelli.

I “contatti” tra “esponenti della Curva Sud” e “ambienti della criminalità organizzata calabrese” – scrive Santoro nell’ordinanza – dimostrano un “progressivo avvicinamento tra delinquenza da stadio e ‘ndrangheta, che lascia pensare a sviluppi preoccupanti” e che conferma la “estrema pericolosità” del gruppo “capeggiato” da Luca Lucci, che può “avvalersi di legami di così rilevante spessore”. Per il giudice, come si legge nella parte del provvedimento sulle esigenze cautelari, Lucci è diventato un “vero e proprio padrone” di quel “territorio”, ossia dello stadio di San Siro, e ha creato negli anni un “clima di intimidazione e assoggettamento“. Sarebbe riuscito anche ad entrare “in contesti forieri di sempre maggiori introiti economici avvalendosi” della sua “fama criminale

E’ “obiettivamente impensabile“, scrive il giudice nelle oltre 120 pagine di ordinanza, “ritenere che l’azione di sangue” ai danni di Anghinelli “sia stata frutto di iniziativa autonoma di Cataldo”, l’uomo di fiducia di Lucci, ma ci sarebbe stata, invece, una “precisa direttiva” del capo della Sud. E il provvedimento riporta tra le prove a carico di Lucci tutti gli elementi, tra cui intercettazioni, che si ritrovavano anche nell’ordinanza a carico di Cataldo.

Per il gip il “sentimento di astio” di Lucci nei confronti di Anghinelli aveva “radici risalenti”. Già nell’ottobre 2018 “Manolo Recrosio, fedelissimo di Lucci” aveva minacciato di morte Anghinelli, il quale poi subì una lunga serie di aggressioni fino allo scorso luglio, con l’ultimo pestaggio. Anghinelli, sintetizza il gip, sarebbe stato un “cane sciolto” che voleva “fare affari con la curva”, minando il potere di Lucci e alleandosi a volte con Giancarlo Lombardi, ex capo ultrà detto “Sandokan, o con Domenico Vottari dei “Black Devil”. Per Lucci e i suoi quel loro ‘bersagliò era anche un “infame” e questo rappresentava un altro “solidissimo movente“. Anghinelli era diventato “troppo ingombrante”, in particolare per uno dei business della curva Sud, ossia il traffico di droga. Tutto ciò in un contesto in cui entrambi i gruppi “in guerra” per il controllo della curva avrebbero avuto pure “rilevanti legami con articolazioni della ‘ndrangheta”, contatti che Lucci avrebbe avuto ancora di recente.

Agli atti le parole intercettate di Giuseppe Caminiti, legato all’esponente della ‘ndrangheta Giuseppe Calabrò e arrestato a fine settembre nell’inchiesta sulle curve per concorso esterno nell’associazione per delinquere con aggravante mafiosa. Quelli “sparano di brutto” diceva, facendo riferimento a Lucci e ai suoi. “Quando c’era qualcuno che voleva fare un attimo lo scemo nella Curva del Milan … l’han seccato! (…) è vivo ma è come un vegetale”, spiegava Caminiti. Un riferimento “chiaro”, secondo gli atti, ad Anghinelli.

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