Gli effetti della Recovery and Resilience Facility – il cuore del Recovery plan – sul livello del Pil dell’Italia e della Spagna, i due principali beneficiari degli aiuti europei, sono “significativamente più ampi” rispetto agli altri Paesi e possono aumentare il livello del Pil dall’1,3 fino all’1,9% e dall’1,2 fino all’1,7% al 2026, rispettivamente. Contro il +0,3%-0,8% nel periodo fino al 2026 e il +0,2%-0,6% al 2031 previsti per l’intera area euro. Ma solo a patto che i fondi siano assorbiti interamente e la produttività della spesa finanziata sia elevata. Lo si legge in un occasional paper pubblicato dalla Bce. Gli effetti sul debito potrebbero essere altrettanto rilevanti: “Sia per l’Italia che per la Spagna, l’impatto complessivo di riduzione del debito è stimato a circa 7-8 punti percentuali entro il 2031, nello scenario centrale, assumendo una produttività intermedia del capitale e un elevato assorbimento dei fondi nei prossimi due anni”.
Lo studio si sofferma sul Pnrr italiano, il cui monitoraggio “mostra che l’Italia ha fatto significativi progressi nell’esecuzione dei lavori pubblici” con un aumento, fra il primo trimestre 2023 e il secondo trimestre 2024, da meno del 10% a oltre il 35% degli appalti che hanno dato luogo ad apertura dei lavori, arrivando a un livello “che corrisponde a oltre la metà dell’ammontare già appaltato, indicando che gli appalti maggiori sono entrati nella fase esecutiva”. In termini di progressi dei lavori, secondo lo studio a marzo 2024 “il 18% dei progetti è stato completato” anche se dei lavori di costruzione avviati “circa due terzi sono a rischio di ritardi sulla tempistica programmata”. L’Italia insieme a Ungheria e Grecia è, stando a un grafico del report, il Paese che ha incontrato maggiori ritardi nell’implementazione del piano per effetto della debole capacità amministrativa.
Venerdì scorso durante l’ultima cabina di regia sul Pnrr, presieduta dalla premier Giorgia Meloni e convocata dal ministro Raffaele Fitto per fare il punto prima di lasciare per assumere l’incarico di vicepresidente della Commissione Ue, è emerso che il ritmo di spesa delle risorse è aumentato. Gli ultimi dati indicano un ammontare di 59 miliardi di euro sui 122 ottenuti, con un incremento di circa 17 miliardi nel corso dei primi 10 mesi dell’anno. A fine anno l’incremento dovrebbe risultare di 22 miliardi portando la spesa complessiva a quota 64 miliardi. Con l’ultima rata, ottenuta da qualche giorno, di 8,7 miliardi salgono appunto a 122 miliardi i finanziamenti ottenuti, il 63% dei 194,4 miliardi della dotazione complessiva assegnata all’Italia.
Si sta lavorando ora alla rendicontazione degli obiettivi della settima rata, che vale 18,2 miliardi, per inviare la richiesta di pagamento entro la fine dell’anno. La rata prevede sessantasette obiettivi (35 milestone e 32 target): il rafforzamento della flotta di autobus e di treni a emissioni zero per il trasporto regionale, dei nodi metropolitani e dei principali collegamenti nazionali, la riqualificazione di molte stazioni ferroviarie, gli interventi per la cybersicurezza, la modernizzazione e l’implementazione delle infrastrutture di trasmissione dell’energia elettrica (tra cui Tyrrhenian link), gli investimenti per una migliore gestione delle risorse idriche, il conferimento di 55.000 borse di studio agli studenti meritevoli meno abbienti e di 7.200 borse di dottorato, l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali (Cot) in materia di salute pubblica. Tra le riforme strategiche la legge sulla concorrenza, il completamento delle misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione, la revisione del servizio civile universale per agevolare la partecipazione dei giovani e il provvedimento sulle rinnovabili che dovrebbe semplificare i procedimenti per la produzione di energia.