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Salva Milano: una legge da un solo articolo che uccide l’urbanistica e la Costituzione

La legge “Salva Milano” che una maggioranza inedita – centrodestra insieme al Pd con il voto contrario di Avs e dei 5stelle – ha approvato pochi giorni fa dalla Camera dei Deputati ha un solo articolo, ma è un colpo mortale per le nostre città e per l’architettura istituzionale della Repubblica.

La legge non ha suscitato scandalo. L’opposizione culturale e sociale di una parte importante della società milanese non è stata ripresa da nessun giornale. Solo il Fatto quotidiano per la penna di Gianni Barbacetto ha puntualmente informato l’opinione pubblica. Vediamo gli aspetti più aberranti della legge.

Da quasi un anno la Magistratura milanese ha aperto inchieste su numerosi cantieri autorizzati dal comune di Milano sulla base di un’interpretazione disinvolta delle leggi. La Magistratura è intervenuta sulla base di circostanziate denunce da parte di cittadini che hanno visto nascere in breve tempo davanti alle loro finestre mostri di cemento di otto piani al posto di vecchi capannoni alti quattro metri.

Come noto, la gran parte degli interventi edilizi avviene ormai nei tessuti urbani già costruiti dove sono stratificati i diritti dei proprietari confinanti ad avere luce, panorama e affacci. La legislazione vigente in materia, di chiaro impianto liberale, assoggettava questi interventi alla redazione di un piano urbanistico di dettaglio. Si voleva dunque salvaguardare quei diritti: il piano urbanistico è infatti pubblicato e conosciuto dai consiglieri, comitati e singoli cittadini che possono presentare osservazioni o –nei casi estremi – ricorrere alla Magistratura.

Nella Milano del sindaco Sala, questi interventi sono stati autorizzati con una semplice comunicazione agli uffici comunali. In tal modo conoscono il nuovo assetto della città solo i proprietari e il tecnico comunale. Questo disinvolto modo di procedere ha scardinato la città e provocato un contenzioso infinito.

La Camera dei Deputati non ha tenuto conto di questo fatto e consente addirittura la demolizione e ricostruzione anche alterando i perimetri e le altezze preesistenti con una semplice segnalazione. Il “sistema Milano” sotto inchiesta giudiziaria diventa dunque il modello da esportare in ogni città italiana.

La violazione della Costituzione è palese. Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, non si stanca di ricordare che l’articolo 41 afferma “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana“. I nemici giurati della Costituzione hanno a cuore soltanto i fondi immobiliari. L’utilità sociale può attendere. Un solo articolo straccia la Carta Costituzionale.

Si è arrivati a questo punto perché da quando la Magistratura è intervenuta per far luce sul sistema Milano è iniziata una campagna di stampa forsennata. I quotidiani di destra (Libero, Il Giornale e La Verità) hanno affermato che, a causa delle indagini, i valori immobiliari di Milano rischiavano di precipitare e Milano avrebbe perso 40 miliardi di investimenti.

La prima tesi è completamente falsa. Le analisi sui valori immobiliari uscite in questi giorni confermano che Milano ha raggiunto livelli vertiginosi di rendita, i più alti d’Italia. Milano è una città a misura esclusiva del lusso, altro che crollo dei valori. Ed è anche una città disuguale se si tiene conto che tutte le associazioni di volontariato vedono aumentare ogni giorno la fila delle persone che chiedono un pasto caldo nelle mense. Aumentano i valori immobiliari grazie al modello Milano e la città reale si impoverisce.

La seconda tesi tace invece sul fatto che sull’altro piatto della bilancia dei 40 miliardi “scomparsi”, è stato sottratto alle casse comunali – secondo stime prudenziali – un miliardo di euro. E mentre i 40 miliardi torneranno prima o poi ad essere investiti nel capoluogo lombardo, per recuperare gli oneri di urbanizzazione non versati si dovrà aspettare i processi.

Quegli oneri dovevano servire per costruire servizi sociali, scuole e parchi. Diritti collettivi invece di interessi di pochi proprietari. La Camera dei Deputati si è schierata spudoratamente a favore di questi ultimi. Un solo articolo mette fine definitivamente all’urbanistica italiana e cioè la certezza del diritto. Da domani, se la legge non verrà bloccata, ogni intervento della cosiddetta “rigenerazione urbana” avverrà sotto il controllo esclusivo della famelica lobby del cemento armato.