In pubblico lo hanno sempre difeso, ma in realtà ormai litigavano su tutto. Da tempo. Il divorzio tra Carlos Tavares e Stellantis era un passo annunciato. Pur essendo stato presentato come un addio dell’ormai ex amministratore delegato, infatti, la separazione suona come una cacciata. Che verrà ben retribuita e nel frattempo lascerà per molti mesi […]
In pubblico lo hanno sempre difeso, ma in realtà ormai litigavano su tutto. Da tempo. Il divorzio tra Carlos Tavares e Stellantis era un passo annunciato. Pur essendo stato presentato come un addio dell’ormai ex amministratore delegato, infatti, la separazione suona come una cacciata. Che verrà ben retribuita e nel frattempo lascerà per molti mesi il gruppo automobilistico in mezzo al guado, senza una guida salda dentro la tempesta. I pessimi risultati del 2024, fortemente al di sotto delle aspettative, non bastano a spiegare l’addio, piuttosto frutto di un mix di fattori che si sono sommati nel corso degli ultimi undici mesi fino a scatenare il patatrac.
La strategia sull’elettrico
In cima alla lista c’è la strategia scelta da Tavares per provare a togliere il quarto costruttore mondiale dalla secca della transizione all’elettrico. Perché se è vero che tutto l’ecosistema dell’auto sta soffrendo il passaggio alla nuova motorizzazione, Stellantis lo sta facendo un po’ di più. I leader mondiali vendono meno auto mentre i cinesi avanzano? Tagliare i costi, è stato il diktat dell’ex amministratore delegato, piuttosto che puntare su un aumento delle vendite. Convinto di poter così raggiungere gli obiettivi, Tavares ha tirato dritto schierando il gruppo sul fronte opposto a quello dell’Acea, la ‘confindustria’ europea dell’auto guidata da Luca de Meo, uno dei Marchionne boys in pole per la sua successione: “Nessun allentamento delle politiche europee verso l’elettrico, ormai è tardi”, ha detto e ridetto mentre mentre Acea chiedeva un rinvio dei requisiti sulle emissioni inquinanti di gamma.
Le difficoltà di mercato
Tutta l’attenzione di Tavares – contrario anche a una fusione con Renault – si è concentrata sul taglio dei costi per rispondere alla crisi delle vendite. Un modus operandi che ha scatenato proteste dall’Italia agli Usa. Nel frattempo il solo terzo trimestre del 2024 ha segnato consegne consolidate per 1,148 milioni di unità, in calo di 279.000 vetture, circa il 20% rispetto al 2023. Nel dettaglio, le vendite sono calate del 17% in Europa e del 36% in Nord America, tra i mercati più importanti per i marchi del gruppo. La discesa è stata particolarmente marcata nel trimestre luglio-settembre, con 496.000 immatricolazioni in Europa (erano state 599.000 nel 2023) e 299.000 veicoli venduti negli Stati Uniti (470.000 nell’anno precedente).
Il contagio finanziario
In termini di cassa, Stellantis ha visto i ricavi crollare a 33 miliardi di euro, un calo del 27% rispetto al 2023. La trimestrale ha quindi conclamato come la crisi di mercato fosse diventata anche finanziaria – costringendo all’emissione di un profit warning in vista dei conti – e ha scatenato il redde rationem tra gli azionisti – Exor, Peugeot Invest e lo stato francese attraverso Bpi – e il timoniere dell’azienda che ha in portafoglio i marchi Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Peugeot, Opel, Maserati, DS Automobiles, Abarth, Jeep, Citroën, Ram, Dodge, Chrysler e Vauxhall. I risultati in Borsa sono stati conseguenti, con il titolo crollato nel giro di nove mesi dai massimi a 27 euro di marzo ai 12 euro degli scorsi giorni.
Il baratro italiano
Così mentre in Usa si è rianimato il conflitto con il sindacato Uaw ed è scoppiato il caso delle concessionarie, in Italia si è alimentato ulteriormente il malumore di lavoratori e governo. Gli stabilimenti di Mirafiori, Cassino, Melfi, Pomigliano, Modena e Atessa sono sostanzialmente fermi e chiuderanno l’anno con un calo produttivo superiore al 30% rispetto all’anno precedente. La cassa integrazione galoppa e il 2025 si annuncia nero – soprattutto per l’indotto – in attesa di capire quali frutti porterà l’avvio dei nuovi modelli promessi da Tavares. Gli ultimi 12 mesi si chiuderanno con meno di 500mila unità prodotte tra auto e veicoli commerciali, la metà degli obiettivi prefissati dal governo che ha garantito a Stellantis quasi un miliardo di euro di incentivi e mosse politiche in cambio di investimenti.
La mossa di Elkann
Promesse tradite che hanno evidentemente pesato in qualche modo, se domenica sera John Elkann ha anticipato telefonicamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni il divorzio da Tavares. Una cortesia istituzionale per marcare le distanze dalle scelte dell’ex amministratore delegato. Quanto resti forma e quanto cambi la sostanza, si vedrà. A volerne capire di più sono tutte le opposizioni, che dopo la notizia dell’addio di Tavares hanno già chiesto l’audizione del presidente di Stellantis in commissione Attività produttive dopo il rifiuto di alcune settimane fa, motivato proprio con la partecipazione dell’ex ad. La palla passa di nuovo nelle mani del nipote dell’avvocato Agnelli.