Giustizia & Impunità

Tragedia del Natisone, indagati tre vigili del fuoco e un infermiere del 118. Gestirono il protocollo di emergenza

Da almeno due settimane era noto che l’inchiesta per la morte di tre ragazzi durante una piena del fiume Natisone in Friuli non era più contro ignoti. La Procura di Udine ha inviato avvisi di garanzia a tre vigili del fuoco della sala operativa e a un infermiere del Numero unico di emergenza 112. Il […]

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Da almeno due settimane era noto che l’inchiesta per la morte di tre ragazzi durante una piena del fiume Natisone in Friuli non era più contro ignoti. La Procura di Udine ha inviato avvisi di garanzia a tre vigili del fuoco della sala operativa e a un infermiere del Numero unico di emergenza 112. Il 31 maggio il fiume si ingrossò e morirono Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar. Prima di essere travolti i giovani si strinsero in un abbraccio. Le indagini, come riporta l’Ansa, si sono concentrate su coloro che hanno gestito il protocollo di emergenza e non sul personale che è materialmente intervenuto sul posto.

Omicidio colposo – Le indagini della Procura di Udine ipotizzano il reato di omicidio colposo. I primi interrogatori delle persone che hanno ricevuto l’invito a comparire sono fissati per mercoledì 4 dicembre. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Maurizio Miculan, Stefano Buonocore e Alfonso Mangoni, ma almeno un paio di loro hanno già fatto sapere che non presenzieranno all’interrogatorio, in attesa di poter avere accesso al fascicolo processuale e conoscere gli atti di indagine e le contestazioni. Gli investigatori in questi sei mesi esatti – la tragedia avvenne il 31 maggio – hanno analizzato nel dettaglio i tabulati e le registrazioni delle telefonate effettuate da Patrizia Cormos, che a più riprese chiamò il 112 per ricevere soccorsi, dopo essere rimasta bloccata, con i due amici, dall’improvvisa piena del torrente.

Analizzate anche le comunicazioni tra la sala operativa Sores Fvg – a cui appartiene l’indagato del comparto sanitario – e quella dei vigili del fuoco. Da quanto si è appreso, l’aspetto da chiarire è proprio quello delle chiamate tra l’infermiere e i pompieri. Secondo la procedura consolidata, l’operatore del 112 – che appartiene a una struttura di Protezione civile – acquisisce la telefonata e la smista al collega della centrale operativa sanitaria Sores Fvg e ai comandi dei vigili del fuoco che possono essere interessati dall’intervento. La Procura sta analizzando le procedure che hanno riguardato le fasi successive alle telefonate, il cui indirizzamento è stato dunque considerato corretto da parte del primo operatore del Numero Unico di Emergenza 112.

“Personale scosso” – Secondo quanto si è appreso, l’invio degli avvisi di garanzia ha scosso tutto il personale della centrale operativa Sores Fvg e non solo l’infermiere materialmente coinvolto nell’indagine. Dalla struttura sanitaria si pone l’accento sul fatto che l’accertamento di eventuali responsabilità su un addetto che è impossibilitato ad accertare, da remoto, le effettive condizioni di emergenza del richiedente, farebbe nascere un pericoloso precedente, se non si configurasse un’effettiva omissione. L’intero staff è comunque fiducioso che la magistratura accerterà l’aderenza dell’operato dell’addetto al protocollo in vigore.

Il tentato salvataggio – Nessuno dei vigili del fuoco che, eroicamente, hanno cercato di salvare i ragazzi, è coinvolto nell’inchiesta. In uno dei filmati di chi aveva assistito a quanto avveniva si vede un vigile del fuoco nuotare con tutte le proprie forze sul lato che i ragazzi avrebbero dovuto percorrere, molti minuti prima, quando il livello dell’acqua era ancora basso. Un’azione che fu abortita perché la 23enne Bianca non sapeva nuotare e gli altri due amici decisero di non abbandonarla. Nel video il vigile del fuoco, sebbene allenato a simili interventi, non era riuscito ad avvicinarsi minimamente ai ragazzi.

I filoni dell’indagine – I filoni d’inchiesta erano due: il primo riguardava la lentezza dei soccorsi, il secondo la segnaletica sull’argine del fiume per impedire la balneazione o l’accesso a causa del rischio di piene improvvise. Ed è in queste due direzioni che la Procura ha indagato. Un paio di mesi fa, ad esempio, ha fatto effettuare sorvoli con l’elicottero, anche per misurare i tempi di percorrenza, visto che uno dei velivoli era partito da Venezia. Quando i tre ragazzi erano stati trascinati dalla corrente si trovava ai confini tra il Veneto e il Friuli.

La tragedia – Sul greto del fiume erano scesi, attraverso un viottolo nella vegetazione dell’argine, Cristian Casian Molnar, Bianca Doros di 23 anni e Patrizia Cormos di 21 anni. La piena era cresciuta improvvisamente, mentre in quell’angolo suggestivo del Friuli ancora splendeva il sole. Il livello dell’acqua li aveva colti impreparati, tagliando ogni via per mettersi in salvo. Avevano telefonato e chiesto aiuto. L’intervento dei vigili del fuoco da terra non era riuscito a raggiungere i tre giovani che nel frattempo si erano stretti in uno struggente abbraccio per resistere alla forza della corrente. Inutile anche l’impiego di un altro elicottero partito da una base in Friuli.