Dopo il perdono presidenziale, la giudice federale Maryellen Noreika ha chiuso il procedimento contro Hunter Biden per il possesso illegale di una pistola. A giugno, il figlio del presidente era stato riconosciuto colpevole di avere mentito sei anni fa riguardo all’uso di sostanze stupefacenti quando aveva compilato un modulo federale per l’acquisto di una pistola. […]
Dopo il perdono presidenziale, la giudice federale Maryellen Noreika ha chiuso il procedimento contro Hunter Biden per il possesso illegale di una pistola. A giugno, il figlio del presidente era stato riconosciuto colpevole di avere mentito sei anni fa riguardo all’uso di sostanze stupefacenti quando aveva compilato un modulo federale per l’acquisto di una pistola. Il perdono “pieno e incondizionale” concesso dal presidente Usa ha cancellato l’intero procedimento. La pena per Hunter Biden avrebbe dovuto essere annunciata a breve. Il figlio del presidente rischiava fino a 25 anni di carcere, sebbene, essendo incensurato, la pena sarebbe probabilmente stata assai inferiore, se non sostituita da un periodo di libertà vigilata.
Tutto finito, quindi. O quasi. Perché nei democratici non si placano le polemiche sulla decisione del presidente uscente in favore suo figlio: presa a norma costituzionale e in una prassi abituale per ogni amministrazione Usa a fine mandato, ma molto molto più estesa di quelle dei predecessori. Proprio la portata inusuale del provvedimento, oltre che la contraddizione patente con le assicurazioni sull’imparzialità della giustizia fatte da Biden durante il suo mandato, infiammano le polemiche negli Stati Uniti, anche all’interno del Partito democratico. Per molti, con questo “atto di ipocrisia” il presidente ha infangato la sua eredità politica.
Lunedì è arrivata la reazione anche del procuratore speciale che ha indagato su Hunter Biden. Il decreto di “perdono presidenziale” motivava la scelta affermando che dietro le indagini ci fossero “ragioni politiche”. Il procuratore ha risposto “diversi giudici hanno respinto le tesi della vendetta” politica e che “nessun tribunale ha concordato con l’imputato su queste affermazioni infondate e la sua richiesta di respingere le accuse non ha nessun fondamento legale”. Hunter Biden ha chiesto otto volte a chiedere l’archiviazione delle accuse a suo carico, vedendosi ogni volta rifiutata l’istanza.
Al di là degli aspetti legali, è il dato politico quello che agita di più il dibattito pubblico negli Usa. Mentre i repubblicani hanno buon gioco ad attaccare Biden e sostenere contemporaneamente che la giustizia in America sia politicizzata, tra i democratici è forte la convinzione che la mossa sia una macchia nella “legacy” di Biden, già compromessa dal ritardo con cui ha accettato di abbandonare la corsa elettorale quest’anno. I media liberal hanno inoltre sottolineato quanto le argomentazioni di Biden ricalchino perfettamente quelle di Donald Trump.
Lunedì diversi democratici hanno parlato contro la grazia per Hunter Biden. I più netti nell’attaccare Biden sono stati i membri della corrente centrista del partito, mentre i progressisti hanno difeso Biden, giustificando la sua mossa come quella di un padre preoccupato che teme per le sorti del figlio sotto la presidenza Trump.
Jason Crow, democratico del Colorado, si è dichiarato in un’intervista “deluso da questa decisione”: “Aveva promesso che non l’avrebbe fatto. Penso che questo ci renderà più difficile in futuro quando parleremo di sostenere la democrazia”. Marie Gluesenkamp Perez, democratica di Washington, valuta la mossa del Presidente come una conferma che negli Usa esiste un sistema giudiziario a doppio binario, che tratta i ricchi e i potenti in modo diverso dai cittadini comuni: “Nessuna famiglia dovrebbe essere al di sopra della legge”. In un post sui social, il senatore Michael Bennet del Colorado ha affermato che Biden “ha messo l’interesse personale davanti al dovere e ha eroso ulteriormente il sistema giudiziario”. Il senatore del Michigan Gary Peters, a capo della campagna elettorale dei Democratici al Senato, ha definito “sbagliata” la decisione di Biden di graziare il figlio.
Tra i veterani del partito, Richard J. Durbin, senatore dell’Illinois al sesto mandato e numero due dei dem alla Camera, amico di Biden e già al Congresso quando Bill Clinton pubblico oltre 130 provvedimenti di perdono incluso uno per suo fratello per spaccio di droga, ha detto di comprendere la decisione “umana” del Presidente, affermando che Hunter Biden è stato “sfruttato” per scopi politici: “Joe Biden è molte cose, ma posso dire con certezza che è un padre amorevole. Entrerebbe volentieri lui stesso in quella cella per risparmiare a suo figlio questa esperienza”.
Molti progressisti si sono schierati a favore di Biden. È il caso di Jasmine Crockett, democratica texana al primo mandato, che ha postato un laconico “Bravo Joe!” e poi ha argomentato alla Msnbc “In fin dei conti sappiamo di avere un pregiudicato con 34 condanne che sta per entrare alla Casa Bianca”, riferendosi a Trump. È stato notato il silenzio delle deputate progressiste più in vista come Alexandria Ocasio-Cortez e Ilhan Omar (che di recente avevano chiesto a Biden di graziare i condannati per reati legati al consumo di marjuana).
Il progressista del Vermont Peter Welch, dello stesso Stato di Bernie Sanders, è uscito dal coro e ha criticato Biden per una mossa “comprensibile come azione di un padre affettuoso”, ma “non saggia” come capo dell’esecutivo.