Ogni giorno il consumo di suolo avanza di 20 ettari (nonostante la popolazione italiana sia in decrescita) e accade anche nelle aree alluvionabili. Solamente nel 2023, la conseguente riduzione dell’‘effetto spugna’, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, è costata all’Italia oltre 400 milioni di euro. Se si considera la perdita del suolo avvenuta non solo nell’ultimo anno (con un ritmo di 2,3 metri quadrati al secondo), ma nel periodo tra il 2006 e il 2023, l’impatto economico viene stimato tra 7 miliardi e 9 miliardi di euro annui. Sono stati calcolati anche gli effetti della perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima. Il valore perso di stock (ossia la perdita assoluta di capitale naturale) dello stesso periodo, invece, varia tra 19 e 25 miliardi di euro. E sebbene il fenomeno sia rallentato rispetto ai dati del 2022, i ritmi superano comunque la media decennale. A descrivere l’andamento nazionale del fenomeno, il rapporto ‘Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici’, elaborato dal SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) e presentato oggi a Roma, presso la sede dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Il consumo di suolo in Italia – Il consumo di suolo continua a trasformare il nostro territorio con velocità elevate. Nell’ultimo anno, le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 72,5 chilometri quadrati, un’area grande come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze. Un incremento del suolo consumato inferiore rispetto al dato dello scorso anno, ma che si conferma al di sopra della media dell’ultimo decennio (2012-2022), pari a 68,7 chilometri quadrati all’anno. Una crescita delle superfici artificiali solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, pari a poco più di 8 chilometri , dovuti al passaggio da suolo consumato a suolo non consumato. Nella maggior parte dei casi, questo avviene con il recupero di aree di cantiere o di superfici che erano state già classificate come ‘consumo di suolo reversibile’ e, solo in piccolissima parte, per azioni di deimpermeabilizzazione. Un valore ancora del tutto insufficiente per raggiungere l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo netto che, negli ultimi dodici mesi, è invece risultato pari a 64,4 chilometri quadrati (17,6 ettari al giorno, più di 2 metri quadrati al secondo i valori stimati al netto dei ripristini). Complessivamente nel 2023 risultano cementificati più di 21.500 chilometri quadrati, dei quali l’88% su suolo utile. Aumenta anche la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti, 26 chilometri quadrati in più rispetto all’anno precedente.

Cantieri, edifici e asfalto dove bisogna azzerare la perdita di verde e nelle aree a rischio – Il 70% del nuovo consumo di suolo avviene nei comuni classificati come urbani secondo il recente regolamento europeo sul ripristino della natura (NatureRestoration Law). Nelle aree, dove il nuovo regolamento europeo prevede di azzerare la perdita netta di superfici naturali e di copertura arborea a partire dal 2024, si trovano nuovi cantieri (+663 ettari), edifici (+146 ettari) e piazzali asfaltati (+97 ettari). In calo costante, quindi, la disponibilità di aree verdi: meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi. Proseguono le trasformazioni nelle aree a pericolosità idraulica media, dove la superficie artificiale avanza di oltre 1.100 ettari, mentre si sfiorano i 530 ettari nelle zone a pericolosità da frana, dei quali quasi 38 si trovano in aree a pericolosità molto elevata.

La classifica dei Comuni, dei capoluoghi di provincia e delle Regioni – Cambia la classifica dei comuni ‘Risparmia suolo’, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti: sul podio del 2024 salgono Trieste, Bareggio (Milano) e Massa Fermana (Fermo). A livello comunale per la prima volta Roma (+71 ettari) registra una significativa riduzione dell’incremento rispetto ai dodici mesi precedenti (+124 ettari), ma si conferma tra i comuni con il consumo di suolo più alto, tenuto conto che si tratta del comune con la maggiore superficie in Italia, insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna, il secondo comune per superficie totale in Italia (+89 ettari).Tra i capoluoghi regionali, oltre a Roma con 71 ettari di nuovo consumo, si distinguono Cagliari (+26 ettari), Venezia (+23 ettari) e Bologna (+21 ettari), che registrano valori compresi tra 20 e 30 ettari. Seguono Milano (+19 ettari), Bari (+16 ettari), Palermo (+15 ettari), L’Aquila (+12 ettari), Trento (+11 ettari) e Perugia (+10 ettari), tutti con incrementi superiori ai 10 ettari. Per quanto riguarda la classifica delle regioni, la Valle d’Aosta e la Liguria sono le uniche regioni sotto i 50 ettari. La Valle d’Aosta, con +17 ettari, è la regione che consuma meno suolo, seguita dalla Liguria (+28) che si contiene al di sotto di 50 ettari. Gli incrementi maggiori per l’ultimo anno si sono verificati in Veneto (+891 ettari), Emilia-Romagna (+815), Lombardia (+780), Campania (+643), Piemonte (+553) e Sicilia (+521).

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