Alla fine il Consiglio superiore della magistratura ha preferito tenersi le mani più libere. Il plenum di Palazzo dei Marescialli ha approvato il nuovo Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, cioè la circolare interna che indica la logica da seguire per le nomine dei magistrati a capo delle procure, dei tribunali e delle corti di tutto […]
Alla fine il Consiglio superiore della magistratura ha preferito tenersi le mani più libere. Il plenum di Palazzo dei Marescialli ha approvato il nuovo Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, cioè la circolare interna che indica la logica da seguire per le nomine dei magistrati a capo delle procure, dei tribunali e delle corti di tutto il Paese. Tra le due bozze messe ai voti, il Csm ha approvato quella che lascia maggiore discrezionalità all’organo di autogoverno della magistratura.
A passare con 16 voti a favore è stata la proposta sostenuta da un’inedita alleanza composta da Area (la principale corrente progressista tra le toghe) e Magistratura indipendente (storicamente quella più vicina alla destra). Si ferma a 14 preferenze, invece, la seconda proposta, sostenuta dalla sigla moderata di Unicost e da Magistratura democratica, altra storica corrente progressista: prevedeva l’assegnazione di punteggi fissi agli aspiranti vertici degli uffici giudiziari. Astenuto il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli.
Le due proposte – Il nuovo testo approvato è ispirato a una scala di priorità (derogabile in alcuni casi) tra i diversi indicatori, dando sempre il peso maggiore al fatto di aver già esercitato la funzione messa a concorso: ad esempio, chi ha già fatto il procuratore capo sarà sempre preferito, nella corsa per andare a dirigere una Procura più importante, rispetto a chi non lo ha mai fatto. Secondo i critici, questo sistema replicherebbe il modello della separazione delle carriere, penalizzando ingiustamente chi ha svolto esperienze diverse. In questo modo, però, il Csm avrebbe le mani più libere per incidere sulle nomine rispetto al secondo testo. La proposta bocciata, infatti, adottava un articolato e inedito sistema di punteggi da assegnare per ciascuno degli indicatori: in alcuni casi un punteggio fisso, in altri un range tra un minimo e un massimo. In questo modo si sarebbe ridotta il più possibile la discrezionalità del Csm. Secondo i critici, però, queste regole imbriglierebbero troppo il margine di scelta e finirebbero per produrre effetti indesiderati, ad esempio avvantaggiando chi ha ricoperto incarichi organizzativi anche di dubbia rilevanza (le cosiddette “medagliette”) rispetto a chi si è dedicato totalmente al lavoro negli uffici.
La nota del Consiglio – Alla fine del plenum, il Csm ha diffuso una nota per spiegare che il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria “individua i requisiti per il conferimento e la conferma degli incarichi direttivi e semidirettivi negli uffici giudiziari sulla base del merito e delle attitudini”. La nota di Palazzo dei Marescialli ricorda che “all’esame dell’Assemblea plenaria sono state sottoposte dalla Quinta Commissione due proposte, nell’intento condiviso di assicurare merito e trasparenza nel conferimento degli incarichi. La proposta 1, presentata dai consiglieri Ernesto Carbone, Maurizio Carbone ed Eligio Paolini, si concentra sui criteri di esperienza specifica senza attribuzione di punteggi agli aspiranti superando la distinzione tra indicatori generali e specifici. La proposta 2, presentata dai consiglieri Domenica Miele e Michele Forziati, opta per la valutazione degli aspiranti secondo punteggi, con una griglia definita in relazione ai parametri di legge”. Il comunicato spiega che “all’esito della discussione l’Assemblea plenaria ha approvato a maggioranza, con emendamenti, la proposta 1, con 16 voti a favore, 14 contrari e l’astensione del VicePresidente”. Da capire, dunque, quanto incideranno questi “emendamenti” approvati alla prima proposta.