Lorenzo Trincone, giovane agronomo attivo in provincia di Roma, coltiva funghi per la realizzazione di materiali sostitutivi delle plastiche: il loro substrato, infatti, può essere progettato come materiale adatto per la bioedilizia e per packaging, ottenendo la forma voluta con uno stampo in 3D. Francesco Sciattella, anche lui agronomo, si occupa invece di agricoltura di precisione e delle misurazioni necessarie a far funzionare un trattore geolocalizzato e tecnologico per la produzione di astoni di nocciolo ed eventuale messa a dimora. Ancora: a Viterbo Matteo Santaroni, 31 anni, lavora come tecnico per una holding che gestisce in Italia 6.000 ettari di terreni, in gran parte occupati di ulivi, coltivati in regime tradizionale e biologico. “Il mio ruolo, come consulente è tecnico, è quello di capire quando intervenire con un determinato trattamento o decidere il momento opportuno per la raccolta”, spiega. “In epoca di cambiamenti climatici si assiste all’insorgenza di patologie aliene, non provenienti dal nostro contesto: le piante hanno le loro difese, ma se si coltiva una variante nel proprio contesto si possono contenere i trattamenti fitosanitari come prodotti chimici di sintesi”. Per fare questo, però, questo ci vogliono competenze specifiche. “Faccio un esempio”, continua Santaroni. “Gli insetti terricoli svernano all’interno del terreno. Se vado a fare una lavorazione con basse temperature e scopro quegli insetti esponendoli al freddo, riduco la popolazione senza usare prodotti, né inquinare falde. Un intervento che faccio oggi evita un trattamento nella prossima estate”.
Quelle di Lorenzo Trincone, Francesco Sciattella e Matteo Santaroni sono alcune storie che raccontano una professione di cui poco si parla ma la cui importanza è in aumento, specie in epoca di cambiamenti climatici: quella del dottore agronomo o dottore forestale, rappresentati dal relativo ordine professionale, a cui si accede da corsi di laurea diversi, ma ormai accomunati dall’adozione senza mezzi termini di pratiche agronomiche o forestali sostenibili.
Non solo pratiche agricole, anche benessere animale
Il dato interessante, che emerge dai numeri, è la crescita dei giovani dottori agronomi e dottori forestali, moderata ma costante. Gli iscritti sotto i 30 anni sono passati da 828 del 2019 a 1.199 nel 2023, su totale di iscritti, sempre al 2023, di 19.667 agronomi. Cala di conseguenza anche l’età media, che passa da 54.9 del 2019 al 52.6 del 2023.
Come dimostrano le storie dei singoli, i giovani agronomi sono sempre più impegnati in progetti sostenibili e sotto il segno dell’innovazione. E che non riguardano solo le pratiche agricole, come ci si potrebbe aspettare, ma anche la zootecnia e il benessere animale.
Un caso tra i più interessanti sotto questo profilo è quello di Chiara Spigarelli. Laureata in Produzioni animali a Perugia e specializzata in Benessere animale a Udine, è un’esperta di una filiera che va da “ciò che viene coltivato per l’alimentazione degli animali, fino alla qualità dei prodotti finali”. Il progetto di Chiara Spigarelli, che è diventato un progetto imprenditoriale, nasce in maniera in parte casuale. “Quando andavo a mappare allevamenti al pascolo, in Friuli o in Veneto, trovavo tantissima lana abbandonata dei boschi, spesso in sacchi di plastica. Si capiva che era uno smaltimento illegale. La lana, in Italia, non ha più mercato, le aziende usano sempre più il sintetico e i maglioni sono fatti con lana ‘che non pizzica’, della Nuova Zelanda o dell’Australia, che hanno le varianti merino, da noi molto rare. Le nostre greggi, infatti sono composte per lo più da pecore da carne e in piccola parte da latte”. Le pecore, però, vanno tosate ogni anno, ma gli allevatori devono pagare per lo smaltimento perché la lana è stata dichiarata un rifiuto speciale. Di qui l’idea, che ha dato vita a un progetto sperimentale tra il 2019 e il 2022 e poi alla start up Agrivella: recuperare la lana delle pecore per trasformarla in concime per i campi. “Siamo l’unica realtà in Italia che vende lana sporca”, continua Spigarelli, “a febbraio 2023 abbiamo venduto il primo sacchetto di concime. Con un chilo, che costa pochi euro, si concimano 40 piante e dura 5 mesi, lo spediamo in tutta Italia, soprattutto alle piccole aziende e quelle che non hanno animali”.
Cento anni di Ordine. E le richieste alla politica
A proposito di agronomi e forestali, proprio quest’anno, tra l’altro, ricorrono i 100 anni dalla nascita dell’Ordine, istituito nel novembre del 2024 per volere di Vittorio Emanuele III. “Oggi siamo presenti negli staff tecnici degli istituti di ricerca e di tutte le strutture a servizio dell’agricoltura, anche se molti dei nostri iscritti lavorano come liberi professionisti, consulenti di aziende”, spiega Luca Crema, consigliere nazionale dell’Ordine e coordinatore del dipartimento di Economia estimo e ingegneria rurale. “Il nostro contributo è sempre più richiesto soprattutto nella programmazione e nella gestione del territorio. La nostra è un’ottica conservativa rispetto alle risorse naturali: grazie all’agricoltura 4.0 possiamo avere una gestione oculata dei processi di coltura, minimizzando l’impiego di presidi di origine chimica e di fitofarmaci e con un consumo sempre più ridotto di energia, ma soprattutto di acqua”.
Luca Crema spiega come ci siano due fronti sui quali sono urgenti alcune riforme. “Oggi la gestione dei prodotti fitosanitari non è definita da specialisti, basta fare un corso formativo. Ma come è possibile che per dare farmaci ad umani e animali serva una prescrizione specialistica e per i prodotti vegetali no? Noi vorremmo che vi fosse una obbligatorietà prescrittiva, anche per tutelare meglio la salute dei consumatori”. La seconda richiesta riguarda la garanzia di sostenibilità dei prodotti, scaturita da una direttiva europea che stabilisce che tutti i processi produttivi debbano essere sostenibili. “Attualmente la certificazione di sostenibilità è stata assegnata, con una legge emanata a settembre scorso, solo ai revisori contabili. Noi pensiamo che un documento così complesso, per raggiungere l’obiettivo indicato dal legislatore, richieda competenze agroambientali che vanno oltre gli aspetti contabili”, conclude il consigliere.