Il torrente risulta già ampiamente sfruttato a scopo idroelettrico a monte, la Val Vanoi-Cortella non è un bacino idrico vergine ma vede gran parte delle proprie acque captate al servizio della centrale Caoria
di Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia Il progetto “Serbatoio del Vanoi – realizzazione di un invaso sul torrente Vanoi e tutela della irrigazione nel comprensorio del Consorzio di bonifica del Brenta” prevede la costruzione di una diga alta 116 metri nel comune di Lamon (BL) con la formazione di un invaso capiente fra […]
di Luigi Casanova, presidente di Mountain Wilderness Italia
Il progetto “Serbatoio del Vanoi – realizzazione di un invaso sul torrente Vanoi e tutela della irrigazione nel comprensorio del Consorzio di bonifica del Brenta” prevede la costruzione di una diga alta 116 metri nel comune di Lamon (BL) con la formazione di un invaso capiente fra i 20 milioni e i 33 milioni di mc di acqua, la valle di Cortella coperta per ben 4 km di lunghezza, una possibile superficie di 1 kmq di suolo perso.
Già nel 1970, sull’onda dell’emotività scaturita dai danni provocati dall’alluvione del 1966, il torrente Vanoi venne inserito nel Piano nazionale “De Marchi”, destinandolo a ospitare un invaso che si riteneva necessario per la sicurezza delle popolazioni che vivevano lungo il fiume Brenta, nonostante severe valutazioni negative di tipo geologico e difficile sostenibilità economica. Sul finire degli anni ‘90 (1997-98) il Consorzio del Brenta ritornò a proporre il progetto di un invaso con diversi scopi: la laminazione delle piene, la produzione idroelettrica, ma specialmente un grande bacino per affrontare le ricorrenti siccità e il bisogno di risorsa idrica dell’agricoltura. La forte opposizione culturale e sociale del territorio fece desistere il Consorzio; la Regione Veneto investì comunque in uno studio di fattibilità dell’invaso (1986), aggiornato o per meglio dire rilanciato nel 2020.
Dal 2020 in poi la Regione Veneto ha ripreso le proposte del Consorzio del Brenta, questa volta mettendo in primo piano la necessità di servire con un rifornimento idrico garantito l’agricoltura del comprensorio e annunciando l’inserimento dell’opera nei progetti per cui si richiedevano i fondi del PNRR. Nel luglio del 2022 il ministero delle Politiche agricole ha stanziato 1,5 milioni di euro affidando al Consorzio del Brenta la progettazione di fattibilità del bacino di raccolta, presentata nell’estate di quest’anno; poco dopo però il ministero ha puntualizzato che l’intervento non risulta finanziato nel piano degli interventi infrastrutturali del settore idrico.
In merito al progetto, appare evidente come lo scopo della riserva idrica per fronteggiare eventuali e ricorrenti siccità entri in conflitto con le necessità della produzione idroelettrica, della laminazione delle acque per motivi di sicurezza, della garanzia di offrire al territorio una risorsa per investire nel turismo di qualità: da un lato la riserva idrica e la produzione idroelettrica – come del resto un ipotetico utilizzo ricreativo/turistico – richiederebbero il mantenimento del maggior volume possibile di acqua nell’invaso, mentre la necessità dell’investimento in laminazione porterebbe al rilascio dell’acqua e quindi a mantenere l’invaso non al limite della capienza.
Il Vanoi risulta già ampiamente sfruttato a scopo idroelettrico a monte, la Val Vanoi-Cortella non è un bacino idrico vergine ma vede gran parte delle proprie acque captate al servizio della centrale Caoria e poi deviate nella Val Cismon al servizio della centrale di San Silvestro. L’area comprendente i due versanti del previsto lago formato dalla diga è classificata nella pianificazione della Provincia autonoma di Trento come zona ad elevato rischio geologico, con presenza di franamenti attivi.
Le osservazioni al progetto delle associazioni che si oppongono alla realizzazione della diga presentano proposte alternative che non solo affrontano il problema dell’approvvigionamento idrico ma rappresentano un investimento rivolto ai problemi dello spopolamento delle montagne e alla qualità del vivere delle future generazioni. Si parla di riqualificazione naturale del territorio, di sghiaiamento dei bacini già esistenti con ampliamento della loro capacità di raccolta delle acque, di allargamento dell’alveo del fiume Brenta con la creazione di aree di esondazione. Soprattutto si parla delle Aree Forestali di Infiltrazione (AFI), superfici boscate messe a dimora e coltivate per favorire l’immissione di acqua superficiale nel sottosuolo grazie all’azione degli apparati radicali.
Il progetto della diga ha trovato la forte opposizione non solo delle popolazioni locali, ma anche degli Enti locali bellunesi e trentini.