C’è una passione che negli anni sono riuscito a passare anche ai miei figli: quella per la montagna. Fin da quando erano piccoli, con loro io e mia moglie abbiamo camminato su mille sentieri del Cai, principalmente in Trentino, ma non solo. Quello che mi ha sempre colpito (e, da padre “montanaro” anche inorgoglito) è che mai in quei casi li ho sentiti lamentarsi del fatto che fossero stanchi, affamati o, men che meno, annoiati. Hanno sempre vissuto la montagna con il giusto spirito; quello della scoperta e del rispetto per lo splendido ambiente in cui ci trovavamo.
Molto spesso ci siamo trovati ad ammirare le cime delle Dolomiti, a salire fino ai sentieri più alti che portano sovente nomi evocativi, come “il sentiero delle aquile” e a divertirci semplicemente osservando la natura o, dato che soffro di vertigini, le mie facce preoccupate quando ci avvicinavamo troppo agli strapiombi.
Per chi ama la montagna, uno dei mostri sacri, se non il mostro sacro, è il K2. Croce e delizia degli alpinisti di tutto il mondo, che attira, spaventa affascina e inebria al tempo stesso. Proprio alla seconda vetta più alta al mondo è dedicato un bellissimo libro da poco in libreria, si intitola, molto semplicemente K2. Un passo dalla vetta. Un passo dalla vita (Rai libri, 206 pp) e a scriverlo è stato Massimiliano Ossini.
Conosco Massimiliano da tempo per ragioni professionali e mi sono trovato spesso in sintonia con lui su molte cose, dal come viviamo il nostro essere padri fino, appunto, al nostro amore per la montagna. Anche per questa ragione, dopo averne seguito le gesta sui social durante la salita sul K2, quando ho visto il libro nello scaffale della libreria vicino casa l’ho preso subito.
Immaginavo di rivivere su carta le immagini che avevo visto su Instagram o, anche, nei tanti documentari dedicati ad Ardito Desio e agli altri temerari scalatori di quelle vette che io, ogni volta che vengono trasmessi, guardo con un misto di rispetto, stupore e ammirazione. Ebbene, mi sbagliavo.
Certo, il libro racconta tutto ciò che è accaduto in quelle settimane da Roma fino al Pakistan, ma è uno sguardo molto più intimo e diverso su ciò che l’ascesa al K2, così come il mondo della montagna e dell’alpinismo in generale, rappresentano. Mi ha colpito, da padre, la sua umana preoccupazione per chi rimaneva a casa: i suoi figli, sua moglie, i genitori e tutti gli altri. Quella sensazione che molti genitori hanno di sentirsi combattuti fra il realizzare il proprio sogno o metterlo nel cassetto per la felicità di coloro che si ama. L’ho visto con mio padre, l’ho vissuto io.
Il libro, però, è importante anche per un’altra ragione; Ossini è sì partito per raccontare K2-70, una spedizione organizzata per celebrare i 7 decenni dalla prima conquista della vetta pakistana, ma non si è fermato alla semplice descrizione dei fatti.
Ha raccontato, ad esempio, come quel progetto, che prevedeva la presenza di 4 alpiniste italiane e 4 alpiniste pakistane, fosse importantissimo per demolire pregiudizi e limitazioni assurde che troppo spesso tengono lontane le donne da queste attività e, ultimo ma non meno rilevante, K2-70 è stato importantissimo per lanciare un messaggio forte nella direzione dell’apertura verso un miglioramento della condizione femminile in Pakistan e in molte altre nazioni.
Leggendo K2. Un passo dalla vetta. Un passo dalla vita si sente il vento; il vento delle vette di montagna, il vento dei propri pensieri, ma soprattutto il vento del cambiamento.