Ambiente & Veleni

Non aprite quella porta: ecco perché nei negozi bisogna tenere chiusi gli infissi. Non è solo una questione economica

Luca Mercalli: "Il caldo o il freddo che hai prodotto si disperdono, quindi si consuma inutilmente energia. Così si buttano via soldi e si peggiora il clima"

È impossibile non farci caso: le porte dei negozi restano spesso spalancate. Sia d’inverno, col risultato che l’aria fredda entra nei locali, sia d’estate, con l’aria condizionata che si disperde nel calore esterno. I negozianti, però, sostengono la porta chiusa scoraggia l’entrata dei clienti nel negozio. “In realtà ci sono degli studi inglesi che dimostrano […]

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È impossibile non farci caso: le porte dei negozi restano spesso spalancate. Sia d’inverno, col risultato che l’aria fredda entra nei locali, sia d’estate, con l’aria condizionata che si disperde nel calore esterno. I negozianti, però, sostengono la porta chiusa scoraggia l’entrata dei clienti nel negozio. “In realtà ci sono degli studi inglesi che dimostrano l’infondatezza da un punto di vista comportamentale della tesi per cui con la porta aperta entri più gente”, spiega il climatologo Luca Mercalli. Che porta avanti, da sempre, la battaglia contro le porte aperte dei negozi. “Il problema è che tenendo la porta aperta il caldo o il freddo che hai prodotto si disperdono, quindi si consuma inutilmente energia. Così si buttano via soldi e si peggiora il clima”.

In effetti, secondo uno studio commissionato dagli attivisti di Close the Door, svolto dal Glass & Façade Technology Research Group del dipartimento di ingegneria dell’Università di Cambridge, il semplice gesto di chiudere la porta in un esercizio commerciale di media grandezza (da 70 a 150 metri quadri) aumenta dal 30% al 50% l’energia necessaria per climatizzare l’ambiente. Lo stesso studio ha dimostrato che le concentrazioni di alcuni inquinanti come polveri sottili e biossido di azoto sono più alte negli esercizi commerciali quando le porte sono aperte e che, chiudendole, la presenza scenderebbe del 45% e del 17 %, con benefici per chi entra ma, soprattutto, per chi ci lavora, che è anche esposto a continui sbalzi termici.

Solo a Milano ci sarebbero circa 3.200 negozi con ingresso senza filtri, l’11 per cento del totale, con uno spreco di energia equivalente al 3 per cento del consumo totale dei negozi milanesi. Per avere un’idea più chiara, si stima che per ogni negozio si sprechino 10 tonnellate di CO2 (equivalenti a 3 voli da Londra a Hong Kong andata e ritorno).

Ma la legge cosa dice? Non c’è, purtroppo, a differenza di altri paesi come la Francia, una normativa nazionale, che si limita a fissare i limiti delle temperature negli edifici pubblici. In alcune zone le autorità locali hanno introdotto normativi o regolamenti a favore della sostenibilità e dell’efficienza energetica, ma non sempre vengono rispettati.

Una soluzione, però, c’è: si possono installare porte scorrevoli o lame d’aria, che creano una barriera attraverso un getto d’aria continui in prossimità delle porte, limitando l’uscita del caldo e l’ingresso del freddo, con un taglio della dispersione d’inverno del 50 per cento. I commercianti sottolineano che queste porte hanno un costo alto, ma sicuramente sarebbero facilmente ripagabili con il minore esborso per le bollette. “I commercianti potrebbero mettere un bell’adesivo con la scritta ‘la mia porta è chiusa perché voglio salvare il clima per i miei figli’. Lo ripeto da vent’anni, senza risultati. Ma se non riusciamo a fare neanche queste piccole correzioni nella vita quotidiano, figuriamoci quando saranno in ballo questioni più rilevanti”, conclude Mercalli.