La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti, tutti respinti, al disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, approvando il mandato ai relatori – il forzista Nazario Pagano, Francesco Michelotti di FdI e Simona Bordonali della Lega – a riferire in Aula. Il testo è atteso nell’emiciclo il 9 […]
La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti, tutti respinti, al disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati, approvando il mandato ai relatori – il forzista Nazario Pagano, Francesco Michelotti di FdI e Simona Bordonali della Lega – a riferire in Aula. Il testo è atteso nell’emiciclo il 9 dicembre per la discussione generale, mentre le votazioni dovrebbero cominciare da gennaio. Nelle ultime settimane, mentre attaccava i giudici per le decisioni sgradite sui migranti, il governo ha impresso un’accelerazione all’iter del provvedimento, dandogli la precedenza rispetto all’altra riforma costituzionale in cantiere, quella sul premierato (già approvata dal Senato in prima lettura). La Commissione quindi è stata convocata a oltranza, e in varie sedute notturne, per completare i lavori.
Il progetto di riforma, varato dal Consiglio dei ministri a maggio, introduce all’articolo 102 della Carta il principio delle “distinte carriere” di giudici e pm, affidandone però l’attuazione alle norme sull’ordinamento giudiziario. Da subito, invece, si prevede lo sdoppiamento del Consiglio superiore della magistratura: gli organi di autogoverno diventeranno due, uno per le toghe giudicanti e uno per quelle requirenti. Soprattutto, il ddl rivoluziona il metodo di elezione di entrambi i futuri Csm, prevedendo che siano composti interamente da membri selezionati tramite sorteggio: sia i cosiddetti “laici“, professori e avvocati (un terzo del totale) sia i “togati“, cioè i magistrati (due terzi). Mentre per i magistrati l’estrazione sarà “secca”, però, per i laici il sorteggio avverrà nell’ambito di un elenco compilato dal Parlamento, di cui non viene specificata la consistenza numerica. Di fatto, quindi la politica continuerà in qualche modo a scegliere i propri rappresentanti a palazzo Bachelet.
Esulta Forza Italia, il partito che fa della riforma un totem: “Lo storico via libera della Commissione Affari costituzionali alla separazione delle carriere dimostra che è possibile riformare il sistema giudiziario per renderlo più efficiente e veramente terzo. Si può farlo senza scontri né intenti punitivi nei confronti di nessuno, col massimo rispetto per il prezioso lavoro che svolge ogni giorno la magistratura. Forza Italia la ritiene importante e necessaria sin dalla sua fondazione, più di trent’anni fa, e la coalizione di centrodestra aveva inserito questa riforma tra i punti cardine del programma elettorale: l’odierna approvazione del testo, che arriva dopo più di un anno di lavoro, di audizioni e confronti, è la dimostrazione che a fine legislatura potremo riconsegnare agli elettori un’Italia profondamente riformata“, affermano i deputati Tommaso Calderone e Paolo Emilio Russo. Anche il viceministro azzurro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, riconosce che “Forza Italia è particolarmente soddisfatta: il nostro segretario nazionale Antonio Tajani ci ha dato il mandato di portare a termine questa riforma che, storicamente e culturalmente, appartiene alla nostra tradizione. È una riforma che parte da lontano, ma in questa fase ha trovato in questo governo la possibilità di avere una particolare, accurata e competente riflessione”, dice.
“Era tutto già scritto ed è un piano devastante e ben congegnato“, avverte invece il Movimento 5 stelle in un comunicato firmato dai suoi rappresentanti nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, Stefania Ascari, Anna Bilotti, Federico Cafiero De Raho, Valentina D’Orso, Carla Giuliano, Ada Lopreiato e Roberto Scarpinato. “La separazione delle carriere dei magistrati risponde al disegno di vecchia data del centrodestra di indebolire la magistratura e togliere autonomia e indipendenza ai pubblici ministeri. Nordio non faceva mistero di questo obiettivo già prima di diventare ministro. Il suo ideale è il sistema inglese, nel quale la polizia non è diretta dai pubblici ministeri. Il governo Meloni getta così la maschera e srotola il suo piano completo per mettere la giustizia sotto il tallone della politica“, accusano i parlamentari. “Governo e maggioranza”, sottolineano, “porteranno i pm lontano dalla cultura della giurisdizione e toglieranno loro il coordinamento delle indagini e la direzione della polizia giudiziaria, che quindi risponderà alle direttive dei ministeri di riferimento: Interno, Difesa ed Economia (rispettivamente per Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza, ndr). Come già successo più volte in Italia, verranno trasferiti o retrocessi da un giorno all’altro i dirigenti di polizia sgraditi agli occhi del potere di turno. Il piano del governo è questo, non lo nega nemmeno più”, concludono.