La piena e l’allarme. La paura trasformata nel giro di pochi minuti in disperazione. L’intervento dalla terra e dal cielo che non è servito ad evitare la morte di tre ragazzi, il 31 maggio scorso, travolti dalla piena del fiume Natisone mentre si tenevano abbracciati disperatamente. Premariacco, Palmanova, Udine e Venezia sono i vertici spaziali […]
La piena e l’allarme. La paura trasformata nel giro di pochi minuti in disperazione. L’intervento dalla terra e dal cielo che non è servito ad evitare la morte di tre ragazzi, il 31 maggio scorso, travolti dalla piena del fiume Natisone mentre si tenevano abbracciati disperatamente. Premariacco, Palmanova, Udine e Venezia sono i vertici spaziali del quadrilatero in cui si è consumata la tragedia che ha portato ora all’iscrizione dei nomi di un infermiere e di tre vigili del fuoco nel registro degli indagati per omicidio colposo.
I 40 minuti chiave
Quaranta minuti costituiscono, invece, il perimetro temporale – dalle 13.29 alle 14.10 – in cui le angoscianti richieste di auto si sono incrociate nell’etere con la difficoltà di comprendere la situazione e di mobilitare i soccorsi nel modo più efficace possibile. In questa dimensione spazio-temporale si è mossa fino ad adesso sotto traccia l’inchiesta condotta dal procuratore Massimo Lia e dal sostituto Letizia Puppa. Ora che è venuto il momento di interrogare i quattro indagati la cornice investigativa è stata svelata, anche se i contenuti delle contestazioni restano coperti dal segreto istruttorio. Eppure i due enti di soccorso e le persone coinvolte già dimostrano quali siano le ipotesi degli inquirenti.
Tre strutture in gioco – Le strutture in gioco nei soccorsi sono state tre, ma solo due sono finite nell’inchiesta. Innanzitutto c’è la Centrale unica di risposta (dove confluiscono tutte le telefonate di emergenza, attraverso il 112) che ha sede a Palmanova (Udine) presso il Centro della protezione civile del Friuli Venezia Giulia. Poi c’è la Sala operativa regionale di emergenza sanitaria (Sores), anch’essa con sede a Palmanova. È il Sores che ha il compito di definire il livello d’urgenza, il codice di gravità ed inviare i mezzi di soccorso più appropriati. Il terzo ente è costituito dal Corpo dei Vigili del fuoco che è stato attivato in tempi diversi, coinvolgendo la sala operativa di Udine, il distaccamento di Cividale e il Reparto volo di Venezia, dotato di un elicottero con verricello. Nell’inchiesta non è coinvolto l’operatore Nue112, bensì un infermiere del Sores e tre vigili del fuoco. È la dimostrazione che per la procura qualcosa potrebbe non aver funzionato nella delicata comunicazione tra chi ha raccolto l’allarme e chi ha disposto gli interventi.
Il pericolo è stato percepito? – La prima domanda riguarda la corretta percezione del pericolo quando la chiamata è arrivata alla centrale Sores. Al telefono c’era Patrizia Cormos di 20 anni, che assieme agli amici Bianca Doros di 23 anni e Cristian Casian Molnar di 25 anni, era sul greto del fiume quando la corrente aveva cominciato a crescere. Erano rimasti isolati e chiedevano aiuto. Il Sores deve selezionare la vera natura dell’emergenza. La prima telefonata, alle 13.29, non segnalava problemi di salute, ma una situazione che è stata evidentemente classificata come un “soccorso urgente” e non strettamente sanitario. Per questo la telefonata è stata dirottata ai vigili del fuoco. Era solo la prima, perché nell’arco di una ventina di minuti (fino alle 13.48) Cormos ha telefonato tre volte, sempre più disperata.
Ritardi nei soccorsi? – Ad indagare sono stati i carabinieri del nucleo investigativo di Udine e i finanzieri della sezione aerea di Bolzano. Hanno incrociato tabulati telefonici e comunicazioni tra il Sores e i diversi distaccamenti dei vigili del fuoco per capire la ragione che ha fatto intervenire questi ultimi, mentre era disponibile anche un elicottero della Protezione civile, più vicino. La centrale dei vigili del fuoco ha innanzitutto fatto muovere uomini e mezzi via terra. Il loro arrivo in riva al Natisone è stato fissato tra le 13.50 e le 13.55. Un vigile si è gettato in acqua, con un’imbragatura agganciata a una fune, cercando di avvicinarsi a nuoto ai tre ragazzi. Non ce l’ha fatta, perché la forte corrente lo ha fatto desistere. Un altro tentativo era stato accennato dal ponte di Premariacco, quasi in verticale rispetto al punto in cui i tre ragazzi erano intrappolati. Anche in quel caso non erano riusciti a raggiungerli.
Elicotteri in volo – Dalle 13.29 alle 13.55 è quindi trascorsa quasi mezz’ora. Il salvataggio sarebbe potuto venire dal cielo, ma gli elicotteri si sono alzati in volo troppo tardi e sono arrivati sul Natisone quando i tre giovani erano già stati spazzati via dall’acqua. L’elicottero dei vigili del fuoco fa base a Venezia, in Veneto, ed è partito intorno alle 14, arrivando a Premariacco alle 14.28. Nel frattempo l’allarme era cresciuto, al punto che a ridosso dell’ultima chiamata di Cormos era stato attivato l’elisoccorso della Protezione civile che si trova presso il Secondo Stormo dell’Aeronautica Militare a Pasian di Prato, una base udinese molto più vicina rispetto a quella di Venezia. Infatti alle 14.13 è arrivato sul Natisone, ma ormai non c’era più niente da fare.
La madre di Cormos: “Verità” – È all’incrocio di questi tempi e delle decisioni prese che si è indirizzata l’inchiesta, nell’ipotesi di concorso in omicidio volontario plurimo. Mihaela Cormos, la mamma di Patrizia, intervistata da Telefriuli, ha implorato: “Soffro a ogni notizia che riguarda la scomparsa di mia figlia. Lotterò finché sarò in vita per lei e per conoscere la verità. Spero che mi spieghino perché non è stato chiamato l’elicottero più vicino”. Il Dipartimento dei Vigili del fuoco ha diramato una breve nota: “Nella consapevolezza che si tratti di un atto a tutela dei diritti del cittadino indagato, riconoscendo le grandi capacità tecniche e professionali di tutti gli operatori del Corpo nazionale, esprimiamo la massima fiducia nell’operato della magistratura per l’accertamento delle responsabilità”.