Sarà necessario leggere le motivazioni per capire perché la Corte d’assise di Venezia, non ha riconosciuto l’aggravante della crudeltà e non ha condannato per stalking Filippo Turetta, assassino reo confesso di Giulia Cecchettin. In molti compreso il padre della vittima, Gino, ritenevano che il riconoscimento dell’aggravante e del reato fosse quasi scontato nel caso di femminicidio che ha così inciso nell’opinione pubblica per la sua esecuzione.
La crudeltà – In realtà per riconoscere l’aggravante della crudeltà, inflitta per esempio nel caso di Alessandro Impagnatiello per il femminicidio di Giulia Tramontano o in quello di Carol Maltesi, deve essere dimostrata secondo la Cassazione “una particolare qualità dell’animo dell’agente, il suo carattere; consiste nell’assenza dei sentimenti di pietà che contraddistinguono l’uomo civile; è rivelata, sul piano oggettivo, dal mezzo usato e dalle modalità dell’azione, che debbono estrinsecarsi in un quid pluris rispetto all’ordinaria produzione dell’evento”. La crudeltà viene riconosciuta quando è evidente “la volontà di infliggere alla vittima sofferenze che esulano dal normale processo di causazione dell’evento e costituiscono un quid pluris rispetto all’attività necessaria ai fini della consumazione del reato, rendendo la condotta stessa particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima con un’azione efferata, rivelatrice di un indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà”.
Il caso Maltesi – Lo scorso 10 settembre la Suprema corte ha confermato l’aggravante della crudeltà per Davide Fontana disponendo comunque un nuovo processo per un’altra aggravante quella della premeditazione. Il femminicidio di Carol Maltesi era stato ferrato: la a coppia aveva deciso di girare un video hard da vendere su OnlyFans. Lei fu colpita alla testa con un martello per 13 volte mentre era legata a un palo della lap dance e poi finita con una coltellata alla gola. Dopo l’omicidio Fontana avevafatto a pezzi il corpo tenendo i resti nel congelatore e infine gettandoli in quattro sacchi di plastica da un dirupo a Paline di Borno, in provincia di Brescia. I resti, a cui l’uomo tentò di dare fuoco, furono ritrovati in un burrone nel Bresciano, fino a quando un passante, per puro caso, segnalò a fine marzo dei sacchi dell’immondizia già dal dirupo.
Il caso Melania Rea – E a chi si chiede se l’abbandono del cadavere in un crepaccio e se 75 coltellate, tanti sono i fendenti che hanno colpito la studentessa uccisa nel novembre dell’anno scorso dopo essere picchiata e sequestrata, non siano l’evidenza della crudeltà la Suprema corte ha già risposto con un altro verdetto 8163/2005: anche di fronte a tanti colpi di coltello “l’aggravante non sussiste posto che tale reiterazione è connaturata allo strumento utilizzato per conseguire l’effetto delittuoso e non eccede i limiti della normalità causale”. Si trattava di un altro femminicidio che aveva destato indignazione: quello di Melania Rea uccisa dal marito Salvatore Parolisi. Le numerose coltellate inflitte da Parolisi alla moglie (35 in questo caso), secondo gli ermellini, indicavano che si era trattato di un “dolo d’impeto” finalizzato ad uccidere, ma “la mera reiterazione dei colpi (pur consistente) non può essere ritenuta” come aggravante di crudeltà con conseguente aumento di pena. “L’abbandono in stato agonico” “è anch’esso condotta ricompresa nel finalismo omicidiario, non potendo assimilarsi la crudeltà all’assenza di tentativi di soccorso alla vittima (che presuppongono una modifica sostanziale del finalismo che ha generato l’azione)”.
Sezioni Unite – Le Sezioni Unite, nel 2016, hanno stabilito anche una distinzione tra “la crudeltà” che si “distingue dalle sevizie” che fanno riferimento ad una “condotta studiata e specificamente finalizzata a cagionare sofferenze ulteriori e gratuite, rispetto alla ‘normalità causale’ del delitto perpetrato” e hanno spiegato che “si ha invece ‘crudeltà’ quando l’inflizione di un male aggiuntivo denota la spietatezza della volontà illecita manifestata dall’agente, specificando che la circostanza aggravante dell’avere agito con crudeltà, di cui all’art. 61, primo comma, n. 4, c.p., è di natura soggettiva ed è caratterizzata da una condotta eccedente rispetto alla normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole”.
Lo stalking – Anche il reato di stalking non è stato riconosciuto nonostante dalle indagini e dal processo sia emerso quanto Filippo Turetta tormentasse Giulia Cecchettin (sono stati 225mila i messaggi inviati dal giovane alla vittima dal gennaio 2022 all’11 novembre 2023). Ma da codice penale gli atti persecutori si integrano quando i comportamenti del molestatore e le minacce sono tali da innescare o meglio infondere nella vittima: un fondato timore per la propria incolumità, un perdurante e grave stato di ansia, un cambiamento delle proprie abitudini di vita. Il ragionamento che si può fare per capire perché non sia stato riconosciuto dai giudice dell’Assise è il fatto che Giulia la sera del suo massacro aveva accettato di farsi accompagnare a comprare le scarpe che sarebbero servite per il giorno della sua laurea e che avesse cenato con l’ex fidanzato. Che Giulia Cecchettin fosse tormentata da Turetta è un dato che emerso chiaramente, ma evidentemente non è bastato a integrare il reato.
Sullo stalking la Cassazione si è espressa chiaramente sul quale sia il perimento in cui incasellare il reato. Con un verdetto del 2023 i supremi giudici hanno stabilito che “ai fini della sussistenza di una condotta persecutoria penalmente rilevante, non è necessario che ogni singolo comportamento, che compone la sequenza persecutoria, configuri di per sé il reato di minaccia o molestia, ma è sufficiente che il comportamento sia connotato da una portata invasiva nella sfera individuale della vittima la quale, in conseguenza delle dette intrusioni, patisca uno degli eventi della fattispecie, ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, o un perdurante stato di ansia o di paura, oppure il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo
congiunto”. Non importa la quantità degli eventi, ma la qualità. La suprema Corte ha ricordato che lo stalking è, infatti, caratterizzato da una serie di condotte – anche solo in numero di due – le quali rinvengono la ratio dell’antigiuridicità penale nella reiterazione delle medesime e nella causazione anche di uno solo degli eventi alternativamente contemplati dall’art. 612bis c.p. (alterazione delle abitudini di vita, oppure perdurante stato di ansia o di paura, oppure fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto)”.