Meno carota, più bastone. Manca una settimana alla nuova scadenza entro cui le partite Iva possono firmare il concordato preventivo biennale con il fisco. Il governo, che ha aperto una seconda finestra di adesioni nella speranza di recuperare il flop della prima tranche, ha bisogno di incassare più di un miliardo in aggiunta agli 1,3 già sicuri: in caso contrario non avrà le risorse per ridurre di due punti la seconda aliquota Irpef come promesso al “ceto medio”. Non è un caso se, dopo lo spot cringe sulla lotta all’evasione, martedì il ministero dell’Economia ha diffuso un comunicato che dopo aver ricordato il termine del 12 dicembre snocciolava dati sulle maggiori imposte (1,2 miliardi) accertate quest’anno dall’Agenzia delle Entrate a carico dei contribuenti soggetti alle pagelle di affidabilità fiscali e sull’aumento dei controlli fatti dalla Guardia di Finanza tra giugno e ottobre.

Le adesioni al concordato durante la prima finestra che si è chiusa il 31 ottobre. Fonte: Sogei

Le Entrate stanno contribuendo allo sforzo per promuovere la misura attraverso una raffica di pec inviate negli ultimi due giorni ai contribuenti che in base alle informazioni a disposizione del fisco presentano “anomalie“. In particolare un reddito dichiarato inferiore al livello minimo stimato per i lavoratori dipendenti dello stesso comparto di attività. “Ogni anno l’Agenzia, sulla base dei continui aggiornamenti delle informazioni che confluiscono nelle banche dati che costituiscono il proprio patrimonio informativo, individua casi anomali che, dopo ulteriori approfondimenti, sono selezionati per le attività di controllo“, si legge nelle missive firmate dal direttore centrale Piccole e medie imprese. “In tale contesto è stato rilevato che la sua dichiarazione per l’anno 2023 indica un reddito derivante da attività d’impresa inferiore a quello dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico. Questo aspetto, in assenza di giustificazioni oggettive, può essere considerato anomalo”. Subito dopo al lavoratore autonomo viene ricordato che può mettersi in regola integrando i redditi dichiarati o aderendo al concordato, nel qual caso godrà anche del generoso condono voluto dalla maggioranza per gli anni dal 2018 al 2022.

La mossa segue l’invio, la scorsa settimana, di 2 milioni di comunicazioni strettamente informative, in cui la direzione centrale per le piccole e medie imprese si limitava a segnalare la possibilità di sottoscrivere l’accordo sulle tasse da pagare per il 2024 e 2025 sottolineando i vantaggi: dalla tassa piatta sulla differenza tra il reddito dichiarato e quello oggetto del concordato alla possibilità di sanare a prezzi di saldo il nero fatto in passato. Ora dalla carota si passa al bastone, appunto.

C’è chi non l’ha presa bene: l’ex deputata Pd Alessia Morani, avvocato civilista, su X scrive di non avere aderito al concordato perché non ha “pendenze con il fisco da sanare” e ha “sempre dichiarato tutto” e lamenta che la pec punta a “spaventare con la minaccia dei controlli se non aderisci”. “Roba che nemmeno in Unione sovietica“, chiosa, solleticando un punto debole di Antonio Tajani, notoriamente ossessionato da qualsiasi reminiscenza dell’Urss. “Non si vergognano nemmeno un po’ Meloni e compagnia?”.

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