“È stata fatta giustizia e la rispetto. Leggeremo le motivazioni, perché se con migliaia di messaggi e 75 coltellate non sono riconosciuti lo stalking e la crudeltà, allora devo capire cosa sono queste aggravanti. Per me è difficile perdonare, soffro ancora troppo. Però il mio campo di battaglia è un altro: i femminicidi non si fermeranno con le sentenze ma solo con il rispetto della vita del prossimo. Su questo lavorerò con la Fondazione. E domani (oggi, ndr) incontro il ministro Valditara”.

Così Gino Cecchettin commenta a Repubblica la sentenza con cui Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per il femminicidio della figlia Giulia. I giudici della Corte d’Assise di Venezia hanno escluso l’aggravante della crudeltà e lo stalking. L’uomo, che ha sempre fatto della misura la cifra di ogni dichiarazione, dice: “Non ho competenze in giurisprudenza, come posso dire se la pena sia giusta o meno? Filippo ha fatto un errore grave e deve pagare. Se pensassi in modo negativo, direi che una sentenza giusta non c’è: qualsiasi decisione è insufficiente. Ma se ragioni da cittadino che si adegua alle norme, rispetti la decisione del giudice”. Come tante altre persone Cecchettin non comprende fino in fondo perché è stata esclusa l’aggravante della crudeltà e perché non è stato riconosciuto lo stalking.

“Per quel poco che ne so, c’erano la premeditazione (riconosciuta dai giudici, ndr), la crudeltà e anche lo stalking era fuori discussione. Potrei dire che ci sono stati anche i motivi abietti. Le aggravanti per stalking e crudeltà sono cadute. Su questo ci sarà da dibattere – dice l’uomo. Se non c’è lo stalking con migliaia di messaggi e la crudeltà con 75 coltellate, non so cosa siano queste aggravanti. Vediamo come sarà motivata la sentenza. Non mi fa differenza. Forse la farà quando dovremo parlare alle vittime di atti persecutori. Faremo lavorare su questo il comitato legale della nostra Fondazione”.

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