Associazione con finalità di terrorismo, propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa e detenzione illegale di arma da fuoco. Sono gravissimi i reati contestati dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e dalla procura di Bologna agli indagati nell’ambito dell’inchiesta su un gruppo neonazista e suprematista “Werwolf Division”. L’operazione della polizia su tutto il territorio nazionale ha portato gli investigatori a eseguire 12 misure cautelari in carcere, emesse dal giudice per le indagini preliminari di Bologna, su richiesta della procura Sono in corso altre 13 perquisizioni domiciliari. L’operazione è condotta dalla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.

La ‘Werewolf Division’ (il nome viene dai ‘lupi mannari’ nazisti guidati da Heinrich Himmler per contrastare l’avanzata delle forze alleate e sovietiche in Germania alla fine della Seconda guerra mondiale) era già finita nel mirino di un’inchiesta della Procura di Napoli nel maggio 2023 con otto indagati. In quell’occasione era emersa una rete Telegram gestita da Bologna che sarebbe servita per organizzare “atti eversivi violenti”, inneggiando alla Shoah.

“Azioni violente” – Per gli inquirenti gli arrestati rappresentano una “vera e propria ‘cellula organizzata’, già in fase operativa e in grado di realizzare attentati anche con le tecniche usate dai cosiddetti ‘lone wolves’ (lupi solitari, ndr) sia suprematisti che jihadisti”. Secondo la procura gli indagati miravano al sovvertimento dell’attuale ordinamento per “l’instaurazione di uno Stato etico e autoritario incentrato sulla ‘razza ariana’”, anche con il progetto di azioni violente nei confronti di alte cariche delle istituzioni.

L’inchiesta nasce dagli accertati contatti tra alcuni dei vertici dell’organizzazione con i leader di un’altra associazione sovversiva di stampo negazionista e suprematista denominata “Ordine di Hagal”, attiva sul territorio nazionale e disarticolata a fine 2022 dalla Digos di Napoli. Il gruppo neonazista svolgeva la propria attività di propaganda e reclutamento di “nuovi uomini e donne pronti alla rivoluzione” sia attraverso gruppi Telegram denominati “Werwolf Division Discussioni” e “Movimento Nuova Alba” (quest’ultimo ancora più ristretto e nato in un secondo momento con la finalità di occultare le progettualità più violente e strumentale anche alla formazione di “guerrieri”) sia con incontri dal vivo e volantinaggi svolti nel Bolognese.

Il volantino e le minacce – Il gruppo si definiva “segreto, composto da pochi camerati validi e fedeli, pronti ad agire”. Nel 2022 è stato trovato dalla Digos un volantino, diffuso sul territorio emiliano, definito dai militanti “esplosivo”, raffigurante l’immagine di un uomo con la cosiddetta “skullmask” e armato con accanto il simbolo nazista del sole nero e la citazione dell’estremista di destra francese Dominique Venner: “Nulla sarà compiuto finché i germi del regime [liberale] non saranno sradicati fino all’ultima radice. Per questo bisogna distruggere la sua organizzazione politica, abbattere i suoi idoli e i suoi dogmi, eliminare i suoi padroni noti e quelli occulti, mostrare al popolo come è stato tradito, sfruttato e insozzato. Infine, “ricostruire”, il tutto a firma Werwolf Division, con il link al canale. Tra le contestazioni alla cellula neonazista c’è anche la “preparazione di gravi attentati”, anche nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di un economista del World Economic Forum“. Inoltre sono accusati di attività di propaganda, proselitismo e predisposizione di azioni violente, come l’epurazione dei traditori del movimento.

Le condanne a Napoli – Intanto si è concluso con quattro condanne – e con l’assoluzione da qualche capo d’accusa – il processo in cui a Napoli sono imputate quattro persone ritenute legate all’ associazione sovversiva, di stampo neonazista, negazionista e suprematista Ordine di Hagal, e che ha visto come parte offesa, lo Stato italiano. Da una costola di questa inchiesta è nata quella che ha portato agli arresti disposti oggi dal gip di Bologna.

La Corte di Assise ha inflitto 5 anni e 6 mesi a Maurizio Ammendola, di 45 anni; stessa pena per Michele Rinaldi (49 anni); 3 anni e 6 mesi per Gianpiero Testa (27) e tre anni di reclusione per Massimiliano Mariano (48). Per quest’ultimo imputato la Corte di Assise ha ritenuto non sussistente il ruolo di promotore. Gli imputati vennero arrestati il 15 novembre 2022 dalla Digos di Napoli e dalla Direzione centrale della Polizia di Prevenzione-Ucigos con il Servizio Postale e delle Comunicazioni al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli (pm Claudio Orazio Onorati e Antonello Ardituro, successivamente passato alla DNA). Gli inquirenti contestarono, tra l’altro, il reato di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico.

Ammendola, secondo gli investigatori, era il presidente dell’Ordine di Hagal: oltre a dirigere il gruppo sovversivo svolgeva attività di proselitismo e indottrinamento anche via web (su Fb, Telegram e su Youtube); Rinaldi viene indicato invece come il vice presidente e assisteva Ammendola; anche Mariano era un collaboratore del presidente (diffondeva test e valutava l’ingresso nell’ordine dei nuovi adepti; Testa invece organizzava, tra l’altro, escursioni e riunioni per mantenere i legali tra i proseliti anche via web con associazioni estremiste e neonaziste ucraine e di altri stati. Testa si occupava anche dell’addestramento all’uso di armi bianche e da fuoco e all’uso degli esplosivi. Dell’organizzazione facevano parte anche Anton Rodomskyy (latitante, che contribuiva all’addestramento militare) e Antonio Sallemi (anche lui dedito, tra l’altro, al proselitismo e all’indottrinamento). Il gruppo (che secondo l’accusa aveva a disposizione armi) promuoveva l’odio razziale ed etnico, minimizzava la Shoah espletando anche il ruolo di istigatore.

Articolo Precedente

Inchiesta Trento, così agiva la “consorteria criminale”: incetta di progetti e intimidazioni a chi non era “conforme al sistema”

next
Articolo Successivo

Palestina, Seif Bensouibat vince la battaglia legale: la sua vicenda sa di segregazione

next