Il cinema di Steven Soderbergh è una “presenza” da sempre illuminante. Quando accade, dunque, che un glorioso festival come il Noir in Festival (in corso a Milano, 2-7 dicembre) ospiti ancora una volta (dopo Kafka, nel lontano 1991, e Kimi del 2022) un suo nuovo film nel concorso internazionale, diventa un appuntamento ricco di aspettative, curiosità.. rivelazioni. Il prolifico cineasta di Atlanta, Palma d’oro nel 1989 per il suo esordio Sesso, bugie e videotape e vincitore di 4 Oscar per Traffic (2000), con Presence si cimenta con l’horror puro e lo fa, naturalmente, a modo suo.
“Nessun spargimento di sangue” aveva infatti anticipato Giorgio Gosetti, condirettore del Noir, presentando l’opera. Di fatto, scatenare la paura per Soderbergh è un’altra cosa, e per farlo si appella alla psiche, come già era avvenuto nei claustrofobici Unsane (2018) e parzialmente in Kimi. Benché sceneggiato da un gigante come David Koepp, uno che ha scritto lavori memorabili come Jurassic Park, Mission Impossible, Spider-Man e La guerra dei mondi, Presence si inserisce nella sua ricchissima filmografia come uno dei “piccoli lavori” , quelli un po’ di passaggio tra i filmoni hollywoodiani di svariati generi come solo lui sa fare.
Il racconto mette al centro una famiglia che si insedia in una lussuosa e confortevole villa da qualche parte nella zona residenziale di una città del New Jersey. Gli esterni sono pressoché ignorati in Presence, che concentra lo sguardo negli interni della magione dai pavimenti in parquet e le pareti color pastello. Lei è una business woman sino-americana, lui un marito e padre accudente in piena depressione, i figli adolescenti rispondono al nome di Chloe, la ragazza, e il fratello maggiore Tyler. Succedono “cose”, ma non nella classica maniera della casa abitata dagli spiriti: quel che vi accade, o meglio “si vede” è semplicemente la potente capacità di Soderbergh di utilizzare il dispositivo cinematografico come presenza, il cosiddetto punto di vista della videocamera che diviene narratore in prima persona in una soggettiva tanto sostanziale quanto inquietante.
Il cineasta gioca dunque con l’atmosfera di uno spazio interno definito attraverso ottiche grandangolari spesso in lunghi piano sequenza e non di rado estremizzato a fish-eye, l’inquietudine dei suoi abitanti si fa sostanza orrorifica liminare con il thriller, il teen movie, il dramma famigliare e persino sociale. Altro non si può rivelare, se non che dopo la sua premiere mondiale al Sundance 2024, Presence uscirà prossimamente nelle sale italiane per Lucky Red.