Sono 236 gli anni di carcere inflitti dal gup di Reggio Calabria nel processo “Tre Croci” nato da un’inchiesta della guardia di Finanza che nel 2022 ha portato all’arresto di 36 persone e al sequestro di 4 tonnellate di cocaina che le cosche della provincia di Reggio Calabria riuscivano a far arrivare al porto di Gioia Tauro dove la ‘ndrangheta aveva a disposizione anche squadre di portuali infedeli e un dipendente dell’agenzia delle Dogane. Quello concluso è il processo celebrato con il rito abbreviato dove era imputato anche il campano Raffaele Imperiale, oggi pentito ma fino a ieri era considerato uno dei più importanti broker internazionali di cocaina.

Godendo dei benefici previsti per i collaboratori di giustizia, Imperiale è stato condannato a 3 anni e 5 mesi di carcere. Per la Dda di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giuseppe Lombardo, l’imputato, conosciuto come il “boss dei Van Gogh”, avrebbe organizzato assieme ai calabresi l’importazione di oltre due delle quattro tonnellate di droga intercettate dalle fiamme gialle. Stando alle indagini, infatti, dopo uno scalo a Panama, la cocaina di Imperiale sarebbe arrivata il 14 marzo 2021 nel porto di Gioia Tauro suddivisa in 1.920 panetti occultati in un carico di banane partito da Sant’Antonio da Turbo in Colombia.

Il compito di Imperiale sarebbe stato quello di pianificare l’importazione della sostanza stupefacente mantenendo i contatti con i narcotrafficanti colombiani, con i calabresi e con le squadre di portuali che dovevano recuperare la droga e farla uscire dallo scalo. Le dichiarazioni dello stesso Imperiale hanno rafforzato l’impianto accusatorio, già solido grazie alle intercettazioni, da cui è emersa l’esistenza di tre distinti livelli di soggetti coinvolti: gli esponenti delle principali famiglie di ‘ndrangheta, i coordinatori delle squadre di operai e gli operatori portuali materialmente incaricati di estrarre la cocaina dal container “contaminato” e procedere all’esfiltrazione dello stesso verso luoghi sicuri. Dietro tutto, secondo la Dda, si nascondevano le cosche Piromalli, Crea, Alvaro, Gallico, Facchineri e Auddino-Ladini-Petullà. La condanna più pesante nel processo – 16 anni di carcere – è stata inflitta a Salvatore Copelli, ritenuto uno dei promotori dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga. Sono stati condannati, infine, diversi portuali imputati.

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