Non si può più parlare di fase favorevole, di incursione singola, di apertura di una breccia. Da mesi, ormai, l’avanzata russa sembra aver assunto le sembianze di una valanga che si alimenta col suo stesso progredire. A ottobre i chilometri quadrati conquistati furono 478, mai così tanti dal marzo 2022. Nel novembre appena concluso, solo un mese dopo, sono stati invece 725, un nuovo record. Oggi fonti della Nato raccontano che in un solo giorno gli stivali dei soldati di Mosca arrivano a percorrere anche 10 chilometri in avanti in territorio ucraino. È la situazione sul campo da ormai qualche mese. Quella che a Bruxelles e Washington nessuno sembra voler vedere o ammettere, nel tentativo di giustificare la strategia della guerra che continua a rimanere l’unica accettabile per le cancellerie occidentali.
Una strategia portata avanti sicuramente dalla nuova Alta rappresentante per la Politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, che anche martedì ha ribadito come “l’obiettivo deve sempre essere la vittoria dell’Ucraina“. E la sostiene anche il nuovo segretario generale della Nato, l’olandese Mark Rutte, che è riuscito ad assumere posizioni ancor più oltranziste del suo predecessore Jens Stoltenberg: “L’Ucraina ha bisogno di meno idee su come organizzare il processo di pace e di più aiuti militari per far sì che quando decida di aprire i negoziati sia in una posizione di forza”. Il messaggio agli Stati membri è chiaro: basta con le richieste di diplomazia, si va avanti con la guerra.
La Russia continua ad avanzare
Il campo di battaglia, però, suggerisce maggiore accortezza. L’avanzata russa non può più essere considerata uno strappo in avanti temporaneo, una piccola breccia nella difesa ucraina, un’azione isolata. Da mesi, ormai, è diventata sempre più imponente. Quanto l’avanzata possa continuare a tali ritmi è difficile dirlo. L’inverno potrebbe ridurre la spinta dell’esercito di Mosca, con il clima e il terreno sempre più duri da affrontare, tanto da rendere l’avanzata più faticosa e, di conseguenza, più lenta. Dall’altra parte conta anche la volontà di Putin di capitalizzare il più possibile lo strapotere numerico sul campo, almeno fino all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca che potrebbe rappresentare uno spartiacque nei rapporti tra Mosca e Washington e, di conseguenza, anche rispetto alle prospettive europee di un sostegno incondizionato all’Ucraina.
Non sono solo i numeri sulle conquiste a quantificare la portata dell’avanzata russa, ma anche quelli sulle truppe a disposizione dell’esercito del Cremlino. Sempre secondo i funzionari Nato, queste “mantengono un significativo vantaggio quantitativo” rispetto a quelle ucraine in termini di “munizioni, uomini ed equipaggiamento” e “reclutano probabilmente 30mila nuovi soldati al mese“, permettendo loro di “assorbire perdite massicce”, mentre tentano di “affossare” le forze ucraine. È l’ormai famosa strategia del tritacarne che Mosca sembra ancora in grado di sostenere dopo quasi tre anni di guerra, mentre indiscrezioni provenienti da Washington parlano di un tentativo di Joe Biden di convincere Zelensky ad abbassare l’età minima per il reclutamento da 25 a 18 anni. A tutto questo, come raccontato anche da Ilfattoquotidiano.it già alcuni mesi fa, si aggiunge il fatto che l’esercito russo sta concentrando i suoi attacchi su obiettivi strategici come le infrastrutture elettriche affinché alcune aree del Paese diventino inabitabili per la popolazione locale e, di conseguenza, più facilmente conquistabili.
Per Rutte non c’è spazio per la diplomazia
Nonostante ciò, la linea della Nato e dell’Unione europea non prevede alcun tavolo di trattativa con Mosca, almeno per ora. L’Ucraina si prepara ad affrontare “un inverno difficile” e Volodymyr Zelensky “ha ragione” a chiedere aiuti militari non solo “offensivi”, ma anche “difensivi”, ha detto Rutte. E ha poi lanciato il suo monito agli alleati: “L’Ucraina ha bisogno di meno idee su come organizzare il processo di pace e di più aiuti militari”. Il motivo, dice, va ricercato proprio nell’avanzata russa: “Concordiamo sul fatto che dobbiamo rafforzare l’Ucraina perché oggi, mentre parliamo, il fronte non si sta muovendo da ovest verso est, ma da est verso ovest. Lentamente, con molte perdite sul lato russo, pensiamo che siano ora 700mila tra morti e feriti gravi. La Russia sta pagando un prezzo molto elevato, ma il fronte non si muove verso est”.
Per questo motivo il nuovo leader dell’Alleanza Atlantica ha voluto ringraziare quei Paesi che hanno offerto nuovo sostegno alla causa di Kiev, come annunciato da “Usa, Germania, Svezia, Estonia, Lituania e Norvegia“, ma “tutti dobbiamo fare di più, più forte sarà il nostro supporto in questo momento, più forti saranno gli ucraini al tavolo dei negoziati e prima potremo porre fine all’aggressione russa una volta per tutte”. Anche perché, ribadisce, Putin “non è interessato alla pace. Sta premendo, tentando di conquistare più territorio perché pensa di poter spezzare la determinazione di Kiev, ma si sbaglia. L’Ucraina ha il diritto di difendersi e noi abbiamo il dovere di aiutarla, quindi dobbiamo continuare a sostenerla”.
Ucraina nella Nato? Putin minaccia e Rutte frena
Tutta la spregiudicatezza verbale dell’ex premier olandese sembra esaurirsi quando si introduce il tema di un’adesione rapida dell’Ucraina alla Nato che, di fatto, coinvolgerebbe automaticamente e direttamente l’Alleanza nel conflitto con Mosca. “Il futuro dell’Ucraina è nella Nato. Al summit di Washington abbiamo parlato di ‘percorso irreversibile‘ verso l’Alleanza. Ma penso che dobbiamo concentrarci molto, ed è quello che faremo in questi due giorni, su quello che è necessario ora. E quello che serve ora è che gli aiuti militari arrivino all’Ucraina, perché per loro sono cruciali. Se decideranno di parlare con i russi, lo faranno da una posizione di forza”.
Se ne riparlerà quindi, come già preannunciato anche da Stoltenberg, quando la guerra sarà conclusa. Resta da capire se l’adesione di Kiev all’Alleanza non finisca, come probabilmente succederà, già sul tavolo dei negoziati una volta che le parti si saranno decise a trattare. Perché a quel punto la Russia potrebbe mettere un veto sul passaggio di Kiev sotto l’ala protettrice degli Alleati. Lo lasciano intendere proprio le parole del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Il ministero degli Esteri di Kiev, in un comunicato, si è detto “convinto che l’unica vera garanzia di sicurezza per l’Ucraina, nonché un deterrente contro un’ulteriore aggressione russa contro l’Ucraina e altri Stati, sia la piena adesione dell’Ucraina alla Nato”. È a quel punto che il braccio destro di Vladimir Putin ha deciso di intervenire: “Questo – ha detto – è assolutamente in contrasto con la nostra tesi sull’indivisibilità della sicurezza. La sicurezza di un Paese non può essere garantita a spese della sicurezza di un altro Paese. Pertanto una tale decisione è semplicemente inaccettabile per noi, sarebbe un evento che ci minaccerebbe. E ciò non eliminerebbe le cause profonde di quello che sta succedendo. Le cause del perché abbiamo cominciato l’operazione militare speciale”. Un’operazione nata, stando almeno alle dichiarazioni del presidente russo, per frenare l’avanzata della Nato verso est, considerata da Mosca una minaccia esistenziale.