A nove mesi dalla sentenza di secondo grado, il processo che vede imputato Piercamillo Davigo è approdato in Cassazione. La procura generale ha chiesto la conferma della condanna a 1 anno e 3 mesi (pena sospesa) emessa dalla Corte di appello di Brescia il 7 marzo scorso. L’ex pm di Mani Pulite ed ex consigliere del Csm è accusato di rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda relativa alla diffusione dei verbali in cui l’avvocato Piero Amara parlava della (indimostrata) esistenza della Loggia Ungheria. Nel procedimento è costituto parte civile l’ex consigliere del Csm, Sebastiano Ardita. Il rappresentante dell’accusa, davanti ai giudici della sesta sezione, ha quindi chiesto il rigetto del ricorso contro la sentenza di Appello presentato dai difensori di Davigo, gli avvocati Franco Coppi e Davide Steccanella.
La vicenda nasce nella primavera del 2020. Il pm di Milano Paolo Storari riteneva che la sua procura non stesse approfondendo le dichiarazioni di Amara, ex avvocato esterno dell’Eni. Una convinzione che lo portò a contattare Davigo, allora consigliere del Csm, per denunciare l’inerzia dell’ufficio governato da Francesco Greco. I verbali di Amara, però, erano stati secretati.
Per quelle dichiarazioni, ritenute inattendibili, l’avvocato Amara è stato rinviato a giudizio per calunnia e autocalunnia, e il fascicolo aperto sulla base dei verbali, trasmesso a Perugia per competenza territoriale, è stato archiviato su richiesta della stessa Procura, così come il procedimento per omissione d’atti d’ufficio aperto a Brescia nei confronti di Greco. Storari, imputato insieme a Davigo, ha optato invece per il rito abbreviato ed è stato assolto sia in primo grado che in appello perché “il fatto non costituisce reato”: l’assoluzione è poi diventata definitiva. Di segno opposto invece il destino giudiziario di Davigo. Ma manca ancora il vaglio della Suprema corte.