Dalle ricerche effettuate da Amnesty International da ottobre 2023 a giugno 2024 sono emersi sufficienti elementi per giungere alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti dei palestinesi nella Striscia di Gaza occupata.
Per nove mesi, secondo il rapporto (qui una sintesi in italiano) che ricostruisce le ricerche dell’organizzazione per i diritti umani, Israele ha continuato a commettere atti di genocidio, pienamente consapevole dei danni irreparabili che stava infliggendo ai palestinesi di Gaza. Ha proseguito a farlo nonostante gli innumerevoli allarmi sulla catastrofica situazione umanitaria e le decisioni, legalmente vincolanti, della Corte internazionale di giustizia che aveva ordinato di prendere misure immediate per consentire la fornitura dell’assistenza umanitaria ai civili di Gaza.
Amnesty International ha esaminato attentamente e nella loro totalità gli atti di Israele nella Striscia di Gaza, prendendo in considerazione la loro ricorrenza e simultaneità, il loro impatto immediato e le conseguenze cumulative e che si rafforzavano mutualmente. L’organizzazione ha considerato la dimensione e la gravità dei danni inflitti ai civili e della distruzione. Ha poi analizzato dichiarazioni di autorità israeliane per concludere che atti vietati sono stati spesso annunciati o invocati da alti ufficiali responsabili dello sforzo bellico.
La Convenzione sul genocidio del 1948, ratificata da Israele due anni dopo, descrive una serie di atti vietati, commessi ai danni di un gruppo protetto ovvero un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso: tra questi, uccidere membri del gruppo, causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo, infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita volte a provocare la distruzione fisica del gruppo, in tutto o in parte. Perché vi sia genocidio, questi atti devono essere commessi con l’intento di distruggere in tutto o in parte il gruppo in quanto tale.
Nella sua brutale offensiva militare, alla data del 7 ottobre 2024, l’esercito israeliano aveva ucciso oltre 42.000 palestinesi, tra i quali oltre 13.300 bambini, e ne aveva feriti oltre 97.000, in molti casi a seguito di attacchi diretti o intenzionalmente indiscriminati che spesso hanno spazzato via intere generazioni familiari. Nel corso degli ultimi 14 mesi, Amnesty International ne ha documentati 15, consapevole che si trattasse di una minima parte del totale.
Il rapporto documenta come Israele ha deliberatamente inflitto ai palestinesi di Gaza condizioni di vita intese a portare, nel tempo, alla loro distruzione. Queste condizioni sono state imposte attraverso tre schemi simultanei che hanno ripetutamente e vicendevolmente rafforzato il loro disastroso impatto:
1. il danneggiamento e la distruzione di infrastrutture fondamentali per la vita e di altre strutture indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile; 2. il ripetuto uso di ordini di “evacuazione” generici, arbitrari e confusi per sfollare forzatamente quasi tutta la popolazione della Striscia di Gaza;
3. il diniego e l’ostacolo alla fornitura di servizi essenziali, dell’assistenza umanitaria e di ulteriori beni necessari per salvare vite umane nella Striscia di Gaza.
Attraverso i suoi ripetuti ordini di “evacuazione”, Israele ha sfollato quasi 1.900.000 palestinesi – il 90 per cento della popolazione della Striscia di Gaza – verso zone sempre più ristrette e insicure e in condizioni disumane, in alcuni casi anche per dieci volte. Queste multiple ondate di sfollamenti forzati hanno lasciato molte persone senza lavoro e con traumi profondi, dato che il 70 per cento degli abitanti della Striscia di Gaza è costituito da rifugiati o da discendenti dei rifugiati le cui case e i cui villaggi subirono la pulizia etnica da parte di Israele durante la Nakba del 1948.
Nonostante le condizioni fossero rapidamente diventate inadeguate alla vita umana, le autorità israeliane hanno rifiutato, dimostrando così che le loro azioni erano deliberate, di prendere in considerazione misure che avrebbero protetto i civili sfollati e sarebbero venute incontro ai loro bisogni fondamentali.
Per stabilire lo specifico intento di Israele di distruggere fisicamente i palestinesi di Gaza in quanto tali, Amnesty International ha anche esaminato dichiarazioni deumanizzanti e genocide da parte di funzionari del governo e dell’esercito di Israele.
L’organizzazione per i diritti umani ha esaminato 102 dichiarazioni di funzionari governativi e militari israeliani, emesse tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024. Di queste 102 dichiarazioni, Amnesty International ne ha identificate 22 fatte da alti funzionari incaricati della direzione dell’offensiva militare, che paiono aver chiesto o giustificato atti di genocidio, fornendo in questo modo prove dirette dell’intento genocida. Qualche esempio? “Non è vera la retorica per cui i civili non sanno nulla, non sono coinvolti” (Isaac Herzog, presidente di Israele); “Non permetteremo l’assistenza umanitaria sotto forma di cibo e medicine dal nostro territorio alla Striscia di Gaza” (Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele); “Ho firmato l’ordine di interruzione della fornitura di energia elettrica per Gaza” (Israel Katz, ministro per l’Energia); “Finché Hamas non libera gli ostaggi in suo possesso, l’unica cosa che deve entrare a Gaza sono centinaia di tonnellate di esplosivo delle forze aeree” (Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza nazionale); “Non esistono lavori fatti a metà. Rafah, Deir al-Balah, Nuseirat distrutte!” (Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze).
Questo linguaggio è stato frequentemente replicato anche da soldati sul terreno, come evidenziato da contenuti audiovisivi verificati da Amnesty International in cui soldati israeliani chiedono di “radere al suolo” la Striscia di Gaza o di renderla inabitabile e celebrano la distruzione di case, moschee, scuole e università palestinesi. È anche per questo che quanto è accaduto e sta accadendo nella Striscia di Gaza è stato definito “il primo genocidio in diretta” della storia.