I PARTE – ASPETTI ECONOMICI

Pil
In Italia il Pil, tra il 1968 e il 1982, cresce oltre il 50%, con punte superiori al 5% annuo nel 1969, 1970, 1973 e 1976, eccetto nel 1975 (-3,5%) e 1982 (-0,3%), per effetto, rispettivamente, e in particolar modo per il primo caso, delle crisi petrolifere del 1972 e 1979 (Tabella 1).

Nel 1861 il Pil procapite proviene per il 48,7% dall’Agricoltura, per il 23,3% dall’Industria e per il 28% dai Servizi. Dopo un secolo di stabilità nella struttura produttiva, nel 1968 le percentuali diventano rispettivamente 10,2% (5,5% nel 1982), 37% (35,7% nel 1982), 52,8% (58,8%, nel 1982).

Il Pil cresce molto più lentamente che in altri Paesi: dal 1870 al 1913 raddoppia; in Germania si quadruplica e in Gran Bretagna si triplica; tra le due guerre c’è una spinta positiva, ma a 10 anni circa dal II conflitto, il processo accelera in Italia (238,9%) e Germania (234,2%), contro il 202,6% della Gran Bretagna (Tabella 2).

L’Italia tra 1968 e 1982 riduce il gap solo con Regno Unito (da -23,1% a-6,6%), ma non è però fra i Paesi più agricoli d’Europa 7,7% nel 1978 (contro 21,2% nel 1956), valore che si allinea al resto d’Europa (Tabella 3).

Dal 1956 al 1978, la Germania perde nel Pil agricoltura 4,7 punti percentuali, la Gran Bretagna 1,9, il Belgio 4,3, l’Italia 13,5, ponendosi al livello che questi Paesi avevano 22 anni prima.

Inflazione
L’Italia non conosce l’inflazione (Grafico 1), dal suo nascere fino agli anni ’70 del XX sec., esclusi i periodi bellici e post bellici, semmai la deflazione per tutto l’800. Le crisi petrolifere del 1972 (+10,4%) e 1979 (+14,8%) portano a un’inflazione galoppante fino al 1984, con un picco nel 1980 (21,2%).

L’inflazione indotta dalla prima crisi petrolifera tocca tutto l’Occidente, ma in particolare (Tabella 4) Italia, Gran Bretagna e Spagna con punte del 24% ca.

Occupazione
In Italia tra 1960 e 1982 gli occupati (1/3 donne) non variano (20 mln ca.) e così i tassi di attività (50%) e occupazione (46%), mentre i disoccupati sono in lenta crescita, dal 6,4% all’8,2% (Tabella 5).

Gli attivi diminuiscono dal 1861 (59%) al 1981 (35,8%) per la forte riduzione del lavoro agricolo e infantile (nel 1931 riguardava 18 ragazzi su 1.000 ab. e 45 nel 1911).
Costante il nanismo delle imprese italiane: 5,9 addetti medi nel manifatturiero nel 1911; 8,3 nel 1981 (Grafico 2).

L’occupazione, tra 1970 e 1980, tranne che in Germania (-3,8%), cresce in tutti i Paesi, da 34,6% (Canada) a 0,1% (Regno Unito) e così la disoccupazione tra 0,5% (Svezia) e 6,6% (Belgio) (Tabella 6).

Il tasso di disoccupazione, nel 1870, è basso in tutto l’Occidente; nel 1937 cresce molto in Europa (Paesi Bassi 26,9%, Norvegia 20%) e negli Usa (14,3%), poco in Italia e Germania (4,6%); nel 1960 si torna a valori per lo più sotto il 4% (Tabella 7).

Nel 1871 la struttura economica dell’Italia è più paragonabile all’India che a uno stato europeo, quella della leader Gran Bretagna sarà raggiunta (Tabella 8) nel 1930 dagli Usa; nel 1950 dalla Germania; nel 1973 dall’Italia.

Prima del II conflitto, in Germania prevalevano gli addetti all’industria, in Usa e Gran Bretagna quelli del terziario, in Francia gli occupati si equidistribuivano tra i 3 comparti economici, in Italia e Giappone la metà erano agricoltori; nel II dopoguerra i Paesi tornano ai livelli anteguerra; nel 1973 gli occupati nei servizi soverchiano tutti gli altri, esclusi Giappone e Germania. Tra il 1961 e il 1981, in Italia e Giappone gli addetti nella grande industria manifatturiera è appena del 20% ca., in Francia, Germania, Regno Unito è del 50% (Tabella 9).

Conflitti di lavoro
In Italia gli iscritti al sindacato sono 3 milioni nel 1919-1920, 4.458 mln. nel 1960 e 9.006 mln. nel 1980 (Grafico 3); lo sciopero è praticato fin dal 1904, con un coinvolgimento dei lavoratori passato dal 10% (anni ’50) al 39,7% nel 1969, fino al 77,4% nel 1979.

Rispetto al 1951, nel 1960 i conflitti si impennano (+83,7%) (Tabella 10), nel 1971 si quadruplicano e nel 1979 scendono al +39,8%.

Mentre gli scioperanti nel 1968 raddoppiano e nel 1979 sono circa 7 volte di più, causando tra 1965 e 1982 una perdita di 2.034.988 ore, per il 69% tra il 1968 e il 1982 (Grafico 4).

Tra il 1960 e il 1982 gli iscritti al sindacato di Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio, Svezia, Regno Unito salgono del 36,8%, circa 3 volte di più rispetto agli Usa e nel 1968-1982 aumentano del 18,6% (2,6% negli Usa): la Germania (7,8 mln. di iscritti) e la Gran Bretagna (9,8 mln.) risultano le nazioni più sindacalizzate, la Francia tra le meno (Grafico 5).

La conflittualità sfiorò la Germania; interessò la Francia solo tra 1960 e 1969; coinvolse l’Italia per oltre 2 decenni, senza paragoni con nessun altro Paese europeo, a esclusione di Inghilterra e Belgio, che persero tuttavia meno giornate lavorative. (Tabella 11).

Ha collaborato Mariano Ferrazzano

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