di Paolo Dimalio e Giacomo Salvini

Gli agricoltori tra i salvati, i negozi di cannabis light tra i sommersi. Per gli shop, le speranze di sopravvivenza si assottigliano fino a scomparire. Invece per gli iscritti di Coldiretti, l’associazione con un piede a palazzo Chigi, potrebbe arrivare la scialuppa grazie ad una modifica del ddl sicurezza. L’articolo 18, ad oggi, rade al suolo l’intera filiera della canapa: “vietati l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegne delle infiorescenze della canapa”. La mannaia include i derivati del fiore come estratti, resine e oli.

Fronda a destra per modificare il ddl sicurezza – Una truppa di parlamentari forzisti, meloniani e del Carroccio è al lavoro per convincere il governo ad emendare. A salvare i coltivatori e condannare i negozi, basterebbe una modifica: una formula per bandire solo la vendita, a scopo ricreativo, delle infiorescenze. Consentendo ai coltivatori la lavorazione e l’esportazione, per rifornire i mercati esteri, l’industria nutraceutica e cosmetica. Alcuni esponenti di maggioranza non comprendono neppure l’accanimento verso gli shop: sono 800 con 1000 occupati, secondo la rivista antiproibizionista Dolcevita. Tutti abbasserebbero la saracinesca.

Chigi blinda il testo, Colle vuole modifiche – Problema: in Senato palazzo Chigi vuole blindare il testo, già approvato alla Camera, perché una modifica riporterebbe il provvedimento alla casella di partenza, cioè a Montecitorio. Dunque, il governo rifiuta emendamenti al ddl sicurezza. Peccato che li chieda Sergio Mattarella: alcune norme, secondo il Quirinale, potrebbero violare la carta. Il Colle ha posato la lente sugli articoli riguardanti i migranti e la detenzione delle donne in gravidanza. In settimana la maggioranza terrà un incontro per decidere se emendare il ddl sicurezza – assecondando Mattarella – e ripartire dalla Camera come al gioco dell’oca. Solo in tal caso, si aprirà un varco per i coltivatori, il cui destino (per un paradosso della politica) è appeso al dubbio quirinalizio su migranti e gravidanze.

Mantovano e gli alfieri della stretta sulla cannabis light – Il governo manderebbe la filiera al macero pur di approvare subito il ddl. Ma se il testo andrà modificato, si negozierà anche sulla canapa con l’irrinunciabile linea del Piave: salvare i coltivatori, sì, ma nessuno scampo per i rivenditori delle infiorescenze ricche di cannabidiolo. Alti papaveri come Alfredo Mantovano, Matteo Salvini e Maurizio Gasparri boccerebbero anche questo compromesso: per loro l’articolo 18 va bene così, nessuna zattera agli agricoltori come invoca Coldiretti. L’alfiere della linea oltranzista è Mantovano – sottosegretario di palazzo Chigi con la delega al dipartimento antidroga – ispiratore del pugno duro sulla cannabis light.

Cenni di trattativa, l’alt di Coldiretti – Indizi di retromarcia, tuttavia, sono emersi già il 14 novembre. Nella sede romana di Palazzo Rospigliosi, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini aveva tuonato: “In tempi brevi potrà esserci un’interlocuzione col sottosegretario Alfredo Mantovano, la filiera della canapa è un’opportunità per i volumi d’affari”. Non aveva torto, il presidente: Coldiretti conta tremila aziende, trentamila posti di lavoro, un fatturato di mezzo miliardo l’anno. Le imprese agricole sono circa 1600: le altre si occupano di trasformazione, rivendita al dettaglio e distribuzione all’ingrosso. Nei prossimi 5 anni, l’intera filiera potrebbe volare a 8 miliardi, secondo le stime Ici (Imprenditori canapa Italia). “Chiudere le attività produttive e soprattutto il futuro di migliaia di giovani, lo riteniamo assolutamente inconcepibile”, aveva ammonito Prandini 20 giorni fa.

Chi abusa delle legge sulla canapa? – Al convegno di palazzo Rospigliosi c’era anche il senatore meloniano Luca De Carlo, presidente della Commissione agricoltura di palazzo Madama, dove giace il ddl sicurezza in attesa di approdare in Aula. Il fratello d’Italia aveva raccolto il grido d’allarme degli imprenditori, offrendo la disponibilità ad aprire un tavolo tecnico per mediare con la maggioranza. Pronunciò una dichiarazione sibillina: “Il mio impegno è coniugare la posizione ferma del governo, verso chi ha abusato della legge 242 del 2016 (sulla filiera della canapa, ndr), con le legittime aspettative di chi ha investito”. Un distinguo oscuro, sulle prime, divenuto cristallino: i rivenditori di cannabis light hanno abusato della legge, ora la missione è salvare i coltivatori.

Il report per smentire il dipartimento antidroga – Per persuadere Mantovano e il governo, Coldiretti e la fronda parlamentare hanno commissionato un documento per smentire le note del dipartimento antidroga. Il report firmato da Ici (l’associazione degli imprenditori della canapa vicina a Coldiretti) cita la circolare del 22 maggio 2018, vergata dal ministero dell’Agricoltura. Leggiamo: “Con specifico riguardo alle infiorescenze della canapa, si precisa che queste (…) rientrano nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo”. Il documento dunque autorizza la vendita delle infiorescenze: nessuna abuso da parte dei negozi di cannabis light. Eppure, il meloniano De Carlo e l’antidroga concordano: gli shop avrebbero violato la regole sfruttando la lacuna della legge del 2016, che non menziona le infiorescenze.

Il report di Ici sottolinea un altro aspetto: la Cassazione, con il verdetto del 30 maggio 2019, consente la vendita delle infiorescenze, a patto che siano “prive di efficacia drogante”. Il nodo sembra tutto qui: per il governo le infiorescenze della canapa sativa e il cannabidiolo sono stupefacenti. Nessuno studio lo certifica. Al contrario, la circolare del ministero degli Interni datata 31 luglio 2019, sostiene come l’efficacia drogante sia nulla quando il Thc è sotto lo 0,5%: al Viminale presiedeva Matteo Salvini, capo di gabinetto era Matteo Piantedosi. Ma l’ideologia, sostiene Giorgia Meloni, alligna solo a sinistra, mai a destra.

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