“Ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne”. Elena Cecchettin, sorella di Giulia Cecchettin, ha deciso di commentare tramite le sue stories su Instagram la recente sentenza che ha condannato all’ergastolo Filippo Turetta, l’assassino della sorella, escludendo tuttavia le aggravanti di crudeltà e stalking.
“Una sentenza giudiziaria non corrisponde sempre alla realtà dei fatti”, ha scritto. “Si chiama verità giudiziaria, ed è quello che viene riportato dal verdetto. E basta”. La giovane ha criticato la decisione dei giudici, sottolineando come il non riconoscimento dello stalking e della crudeltà rappresentino una grave mancanza di rispetto verso le donne e le vittime di violenza. ”Il non riconoscimento dello stalking (non parlo nemmeno dell’altra aggravante, la crudeltà, perché si commenta da sola) è un’ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne”. E ha continuato: “Sei vittima solo se sei morta. Quello che subisci in vita te lo gestisci da sola. Quante donne non potranno mettersi in salvo dal loro aguzzino se nemmeno nei casi più palesi non viene riconosciuta una colpa. Però va bene con le frasi melense il 25 novembre e i depliant di spiegazione”.
Elena Cecchettin ha anche ribadito come la sentenza non possa cancellare la violenza subita da Giulia, né il dolore che ha colpito la sua famiglia. “Ciò che è successo non sparisce solo perché un’aggravante non viene contestata, o più di una”, si legge ancora nel lungo testo. “E non toglie nemmeno il dolore e l’ansia che ho dovuto subire io personalmente in quanto persona vicina a Giulia”, ha detto ancora, ricordando come la violenza impatti anche le persone vicine alle vittime. “Inevitabilmente le persone intime alla vittima vengono trascinate negli stati di ansia e turbamento. Chiaramente non sto insinuando che il dolore che abbia provato Giulia sia paragonabile, tuttavia è giusto ricordare che il non riconoscimento dello stalking è una mancanza di rispetto anche alla famiglia della vittima”.
Cecchettin ha quindi risposto anche alle critiche di chi sostiene che l’esito della condanna sarebbe stato lo stesso anche con le aggravanti. “Chi sostiene che tanto la condanna sarebbe stata la stessa non ha capito nulla. Se nulla può riportarci indietro Giulia, almeno può fare la differenza per altre donne nel futuro”, ha detto. “È facile richiudere in cella per sempre una persona, lavandosene le mani e dicendo di aver fatto giustizia. Ma è questa la vera giustizia?”.
“Riconoscere le aggravanti fa la differenza”, ha detto la sorella di Giulia denunciando l’incoerenza tra le dichiarazioni istituzionali sulla lotta alla violenza di genere e le decisioni prese nei tribunali. “Se non iniziamo a prendere sul serio la questione, tutto ciò che è stato detto su Giulia, che doveva essere l’ultima, sono solo parole al vento. Sì, fa la differenza riconoscere le aggravanti, perché vuol dire che la violenza di genere non è presente solo dove c’è un coltello o un pugno. Ma molto prima. E significa che abbiamo tempo per prevenire gli esiti peggiori”, sottolinea Elena Cecchettin. “Sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e il menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”, ha scritto.
Infine, Cecchettin ha definito “inaccettabile associare comportamenti violenti a una neurodivergenza”. La giovane ha criticato anche la difesa dell’imputato, che ha giustificato i comportamenti di Turetta come “ossessivi, quasi da spettro autistico”. Secondo Elena Cecchettin, questa affermazione è non solo offensiva ma anche pericolosa. “Stiamo parlando di comportamenti che ledono la libertà e la vita di una persona, e associarli con così tanta leggerezza a una neurodivergenza banalizza e sminuisce queste azioni. Inoltre, peggiora i pregiudizi già esistenti nella società verso le persone neurodivergenti e sullo spettro dell’autismo”, ha concluso.