I Paperoni sono sempre di più e sono sempre più ricchi. Risiedono soprattutto in Usa e in Cina ma anche l’Italia ne ospita 62, in crescita dai 56 del 2023. A fare il punto è il Billionaires Ambitions Report di Ubs, giunto alla decima edizione, che arriva mentre nel mondo si fa strada l’idea che sia necessario tassare di più gli enormi patrimoni per questioni di equità e per raccogliere le risorse necessarie a finanziare importanti voci di welfare. In dieci anni i miliardari mondiali sono aumentati di circa il 50% passando da 1.757 a 2.682 ma – in un sistema di disuguaglianze crescenti – il loro patrimonio si è gonfiato addirittura del 121%. Quest’anno la loro ricchezza si aggira intorno ai 14mila miliardi di dollari. Come dire che gli abitanti di un piccolo villaggio controllano asset che valgono quanto il Pil di Italia, Francia, Giappone e Germania.

Solo in Italia tra 2023 e 2024 il patrimonio dei miliardari è salito da 162,3 a 199,8 miliardi di dollari, con una crescita del 23,1%, fra le più alte in Europa: in Germania e nel Regno Unito è stata ‘solo’ del 10%). Impressionante la concentrazione di ricchezza nelle loro tasche: a spanne, in Italia c’è un miliardario ogni milione di persone, ma con 200 miliardi di ricchezza il loro patrimonio vale l’8% del Pil. Non si tratta comunque di un unicum: i 46 miliardari francesi (-16 rispetto all’Italia) hanno una ricchezza quasi tripla (576,5 miliardi di dollari) ovvero il 18% del Pil di Parigi.

Il quadro che emerge dal rapporto mostra come questa crescita di ricchezza sia stata nettamente superiore a quella del valore delle borse mondiali: fra il 2015 e il 2024, a titolo di confronto, l’indice MSCI AC World ha registrato un guadagno percentuale di circa il 73%. L’accumulo di ricchezza in realtà si è consumato soprattutto fra il 2015 e il 2020, quando la cresciuta degli asset dei paperoni mondiali è aumentata a un tasso annuo del 10%. Da allora l’aumento è stato dell’1% medio, ma il dato – spiega Ubs – maschera andamenti differenti. Negli Stati Uniti, nell’area dell’Europa-Medio Oriente-Africa e in alcune parti dell’Asia, in particolare in India (dove il patrimonio è salito a 905 miliardi), la crescita è stata più forte, mentre le difficoltà della Cina hanno impattato sui patrimoni dei nuovi miliardari. Che dopo essere saliti del 20% l’anno fra 2015 e 2020 hanno subito cali continui per un totale di 300 miliardi di dollari.

La banca svizzera, ovviamente diretta interessata nella gestione di alcuni di quei patrimoni, sostiene che le poche migliaia di miliardari – 1.877 di loro sono imprenditori di prima generazione – hanno creato più valore per la società negli ultimi 10 anni di quanto non abbiano creato per se stessi.

A livello globale la crescita dei patrimoni è stata guidata in larga parte dal settore tecnologico: la ricchezza dei miliardari del settore si è triplicata in 10 anni passando da 788,9 a 2.400 miliardi di dollari. Non solo, i pochi paperoni del settore hanno la ricchezza media personale più elevata, circa 70,6 miliardi a testa. Ma non se la sono cavata male neanche gli imprenditori del settore industriale, con patrimoni passati da 480,4 a 1.300 miliardi di dollari. Relativamente più ‘sfortunato’ l’immobiliare con un aumento della ricchezza da 534 miliardi nel 2015 a 692,3 miliardi di dollari nel 2024.

Anche in questo empireo di super benestanti alcuni stanno “meglio”: il patrimonio dei primi 100 della classifica rappresenta il 36% del totale. Di questi 100, 43 vivono in Nord America, 21 in Europa occidentale e 15 nel Sud-est asiatico. I miliardari comunque non sono necessariamente legati alla terra di origine, anzi, dopo la pandemia hanno accelerato i loro spostamenti: dal 2020 uno su 15 si è trasferito all’estero, alla ricerca di più sicurezza personale, strutture sanitarie e scolastiche migliori. L’impatto di queste ‘migrazioni – spiega Ubs – è forte anche sul fronte fiscale: infatti laddove i paesi emergenti pagheranno un record di 400 miliardi di dollari per il servizio del debito estero quest’anno, molti dei ‘loro’ miliardari si stanno trasferendo in paesi dal fisco amichevole come Svizzera, Emirati Arabi Uniti, Singapore e Stati Uniti. Il che riporta al dibattito sulla necessità della tassa minima globale pari al 2% delle loro fortune proposta dall’economista Gabriel Zucman e discussa al G20 in Brasile, dove i capi di Stati e di governo si sono impegnati ad “assicurare che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano tassati in maniera efficace”.

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