L’ho cercato sui giornali nazionali. Niente. L’ho cercato sui giornali più vicini al territorio. Ma niente. Il nome di Marco Magrin non c’è.
Non c’è, quindi, la sua storia. Quella di un uomo di 53 anni trovato morto in un box auto che da qualche tempo era la sua “casa”. Occupata abusivamente. Marco Magrin è stato ritrovato col cappello calato sulla testa e un giubbotto stretto addosso per difendersi dal freddo. Nel garage, infatti, non c’era riscaldamento.
Marco Magrin è morto di infarto, probabilmente proprio per il gelo.
Marco Magrin non era un senzatetto e nemmeno un disoccupato. Originario di Padova, aveva un lavoro stabile: operaio di un’impresa di sfilettatura del pesce a Treviso. Solo che, pur con un lavoro regolare, lo stipendio non bastava a pagare l’affitto. Così, dopo qualche mensilità non pagata, era arrivato lo sfratto. Che, stando ai dati del Ministero dell’Interno, nel 2023 è stato il destino comune a ben 21.345 nuclei familiari (almeno 50mila persone). Più di 21mila nuclei familiari sfrattati. Significa 60 sfratti ogni giorno, tutti i giorni, 365 giorni all’anno, domeniche e festivi compresi.
La prima ragione per cui si viene sfrattati è la morosità (78% degli sfratti), cioè il mancato pagamento di qualche mensilità. Esisteva un fondo statale per morosità incolpevole per aiutare quegli inquilini che non riuscivano più a pagare perché si erano visti ridurre o azzerare lo stipendio (licenziamenti, cassa integrazione, riduzione ore lavorate, ecc.), ma il governo Meloni l’ha abolito da due anni.
La storia di Marco Magrin, al di là della fine tragica, è la storia di tantissimi. Perché ci parla di almeno due enormi questioni: i salari da fame e la crisi abitativa.
L’Italia, seconda potenza manifatturiera del continente europeo, è un Paese in cui ben 12 lavoratori su 100 sono “working poor”. Se un tempo la povertà era associata alla disoccupazione, oggi sempre più spesso sei povero pur lavorando: 12 lavoratori su 100 sono poveri anche se hanno un impiego. La percentuale balza al 17% tra gli operai. Operai come Marco Magrin. Con stipendi bassi e fermi, mentre i profitti delle imprese aumentano.
Nonostante ciò, quando si osa porre la necessità di un salario minimo orario di almeno 10 € l’ora, il governo Meloni si gira dall’altra parte, diventa sordo. Come se i salari da fame non fossero questione di vita o di morte per la maggioranza di chi lavora in questo Paese.
Se sei un lavoratore povero avrai enorme difficoltà a poterti permettere finanche un tetto. Gli affitti sono esplosi: +10,2% in media tra 2022 e 2023 (studio del Cresme). A Treviso tra novembre 2023 e novembre 2024 si è registrato un ulteriore boom: +7,08%.
Salari fermi e affitti alle stelle. E chi parla di tornare a porre un tetto agli affitti è considerato un pericoloso bolscevico. Chissà cosa deve pensare Giulio Andreotti, cui è associata la norma che dal 1978 aveva introdotto un calmiere denominato “equo canone”.
Accanto a case dai costi sempre più improponibili per lavoratori e lavoratrici, c’è un enorme patrimonio immobiliare vuoto. Nella sola provincia di Treviso si stima ci siano circa 68mila appartamenti sfitti; ben 6mila nella sola città di Treviso, un Comune abitato da 85mila persone. Le istituzioni anziché acquisire una parte di questi immobili, così da poterla mettere a disposizione della gente comune, vendono quel poco di patrimonio pubblico che è ancora nelle loro mani. Nel novembre 2023, la Regione Veneto, governata dal leghista Zaia, approvava un piano di cessione di 384 alloggi dell’Ater di Treviso, di cui 150 all’epoca sfitti. Meglio venderli per fare cassa che assegnarli alle famiglie bisognose di un tetto. “Un affitto, dieci famiglie in fila: caccia alla casa a costo calmierato a Treviso. Con le locazioni introvabili c’è la coda per i bandi Ater. E l’hinterland segue: 2 appartamenti, 17 candidati”, scriveva La Tribuna di Treviso il 24 novembre 2024, pochi giorni prima della morte di Marco Magrin.
O, anche, meglio tenerle vuote: a maggio di quest’anno, a Treviso il totale delle case popolari sfitte assommava a 364: 121 alloggi sfitti del Comune, 243 dell’Ater.
Affrontare il tema dei salari da fame e della crisi abitativa, però, sembra non interessare. Però di casa ultimamente si è tornati a parlare. Ma non degli affitti alle stelle, degli sfratti e della politica di dismissione del già scarso patrimonio immobiliare pubblico. Solo delle occupazioni abitative per dipingere gli occupanti come criminali, come feccia.
Per questo oggi non parlano di Marco Magrin. Perché la sua vita e, purtroppo, la sua morte, rompono la narrazione di potere politico e mediatico. Marco Magrin era infatti un occupante. Un abusivo. Era entrato in quel box auto illegalmente. Eppure Marco Magrin lavorava. Era italiano. Era bianco. Non è l’immagine del criminale che l’ultradestra brama per poter spargere la paura.
Per questo difficilmente leggerete titoloni sulla sua storia. Su Marco Magrin, lavoratore povero morto di gelo nell’Italia del 2024 perché è meglio tenere le case vuote per speculare sul mercato che assicurare un tetto sulla testa dei nostri fratelli e delle nostre sorelle.