Leggere il Medioriente al contrario. Potremmo chiamarlo così questo sport, ormai in voga in Italia, praticato da una miriade di giocatori. Le regole sono semplici: invertire buoni e cattivi; avere doppi standard e, possibilmente, tacciare quelli che non la pensano come te di essere buonisti o, ancora peggio, parte del “famoso complotto” – come lo definirebbe la Iena Gaston Zama.

Prendiamo ad esempio Matteo Renzi. La crisi siriana è riesplosa – anche se non era mai terminata – e su X l’ex primo ministro avverte: “Quelli che stanno cercando di rovesciare Assad sono, se possibile, peggio. Sono i reduci dell’Isis, di Al Qaeda, dello Stato Islamico”. Così dicendo, Renzi pare dipingere il rais come il male minore, nonostante sia giunto al potere per successione al padre e avendo ucciso e fatto sfollare milioni di persone.

In aggiunta, Renzi sbaglia a parlare di reduci dell’Isis e dello Stato Islamico, visto che i due gruppi sono la stessa cosa. Senza citare poi che Hts è una formazione sì jihadista, ma siriana, autoctona, che ha un progetto nazionale e non internazionale. Se volessimo essere ancor più precisi, questi fondamentalisti fanno comunque parte di un fronte variegato che ha una rappresentanza politica riconosciuta anche da paesi Occidentali.

Ma ovviamente Renzi si lamenta che “sui social” come “in Parlamento” c’è molta “gente che con la politica estera ha litigato fin da piccolo”. Mentre lui, grande conferenziere a Riad, di politica estera aveva capito tutto, a partire da una intervista del 2015 con Barbara Serra in cui affermava che “al Sisi is a great leader”.

Questo gioco delle parti inverse, dei buoni trasformati in cattivi, e di un Medioriente letto al contrario non si ferma solo a lui. Per esempio, per i membri del multiforme fronte antimperialista, stanlinista, leninista, di estrema sinistra e da circolo radicale, gli Usa sono diventati il loro grande paraocchi. Il risultato? L’incapacità di vedere il male che gli altri fanno. Quindi se la Russia bombarda Aleppo, o Homs, o un villaggio qualsiasi – come d’altronde siamo abituati da anni – forse per loro quelle saranno bombe intelligenti, capaci di colpire solo il nemico terrorista. Un nemico che – a detta di questi esperti – non vuole solo la Siria, ma mira alla Palestina.

Assad, così come altri regimi arabi, sono gli autoproclamati alfieri della lotta al sionismo. Accade quindi che qualcuno su Twitter, un certo Alon Mizrahi, influencer ebreo arabo, scriva “che non bisogna supportare Assad per riconoscerne il ruolo di mantenimento dell’integrità territoriale e indipendenza politica del paese”. E continua paragonandolo a “Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi”. Per questo motivo, conclude, “gli Usa prendono di mira questi leader e non quelli di altri paesi arabi musulmani”. Nessun accenno al fatto che Assad è un dittatore, come Gheddafi e Saddam Hussein. Anzi, Mizrahi avverte di essere sicuro che Israele e gli Usa hanno promesso a questi mercenari di riavere le alture del Golan etc… A dargli ragione, con un cinguettio, è Francesca Albanese, relatrice speciale all’Onu per la Palestina.

Per questa sua risposta è stata poi presa di mira da molti followers ed accusata di doppi standard. Una marea di cinguettii che l’hanno costretta poi a ricorrere ai ripari con un commento in cui assicura che i diritti umani sono al centro del suo lavoro. Quello che manca, da parte di Albanese, è una chiara condanna di Assad e dei suoi crimini. E questa non è una cosa scontata perché alla fine si rischia di difendere solo alcuni, in base al proprio credo ideologico. La libertà, così facendo, diventa un diritto assoggettato e piegato al proprio credo. Poveri siriani.

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