L'uomo si è prima introdotto nella stanza della prima vittima violentandola, per poi andare dalla seconda vittima che grazie alle sue urla è riuscita ad attirare i soccorsi
Un uomo di 38 anni, fotografo di origini afgane, era stato ricoverato il 23 marzo al pronto soccorso delle Molinette a Torino, portato dalla fidanzata a causa di una diagnosi di disturbo d’ansia e crisi di panico. Dopo essere stato visitato e aver ricevuto 20 gocce di alprazolam è rimasto in attesa di un posto letto nel reparto di psichiatria universitaria. Come riporta La Repubblica, alle nove di sera in un reparto ormai silenzioso l’uomo si è alzato dalla barella e si è introdotto nella stanza di una paziente di 35 anni ricoverata per anoressia e l’ha stuprata.
La donna è stata aggredita: l’uomo avrebbe bloccato la porta con un armadietto, disattivato l’allarme, strappato il catetere e violentata dopo averle tappato la bocca per impedirle di urlare. Quando lei è riuscita a gridare, lui è fuggito, ma nessuno è intervenuto. Poco dopo, l’aggressore si è introdotto in un’altra stanza e ha tentato di ripetere la violenza su una seconda donna, di 66 anni. Questa volta, però, la vittima è riuscita a dare l’allarme.
Gli infermieri, accorsi per le grida, hanno bloccato l’uomo, trovato con i pantaloni abbassati nella stanza della seconda paziente e immediatamente trasferito in psichiatria, dove è rimasto per mesi fino a quando, su richiesta del pm Davide Pretti, è stato sottoposto a misura cautelare e trasferito in una Rems, dove si trova tuttora. L’episodio ha aperto due fronti d’indagine. Da un lato, quello sulla responsabilità del fotografo che durante l’udienza preliminare ha sostenuto di essere stato guidato da voci e da un’intelligenza artificiale. Dall’altro, quello sull’operato dell’ospedale, accusato di omissioni per la mancanza di adeguata sorveglianza. La stanza degli infermieri, situata a soli 20 metri da quella della prima vittima, non ha impedito che si verificassero i reati.
“Come è possibile che nessuno sia intervenuto?” è la domanda al centro degli accertamenti, che intendono chiarire come un uomo definito “vigile, cosciente e collaborativo” al momento del ricovero abbia potuto compiere lo stupro. Gli accertamenti sono in corso “per non aver impedito, pur avendo l’obbligo giuridico di farlo, la commissione del reato”. Un procedimento civile accerterà il danno patito dalla prima paziente, tutelata nel penale, come parte offesa, dall’avvocato Elena Negri. Tuttavia appare probabile che il processo contro l’uomo si concluda senza alcuna condanna, dato che la perizia psichiatrica a cui è stato sottoposto ha fatto emergere che non era capace di intendere e di volere. Non è ancora chiara la patologia che ha portato l’uomo alla violenza.
Una delle vittime, sentita da La Stampa, ha raccontato l’episodio: “Sa quanto ho gridato? Tantissimo. Ma non sentiva nessuno, non si capiva dove fossero, sembrava che in reparto non ci fosse nessuno“. La vittima racconta quella notte: “Non riuscivo a prendere sonno, era da poco passata la mezzanotte. Avevo chiesto i tranquillanti e menomale che si sono dimenticati di darmeli altrimenti non sarei riuscita a difendermi. Quell’uomo è entrato come una furia: nella stanza eravamo in due io e una giovane ragazza”. L’uomo una volta entrato ha osservato le due pazienti nella stanza: “Ha guardato lei dalla testa ai piedi e le ha detto: non mi piaci così tanto. Così si è avventato su di me. Mi ha colpita con due calci, anche io ho scalciato per difendermi. Ho cercato di afferrare il pulsante dell’allarme ma lui mi ha immobilizzato le braccia e le mani. Urlavo a più non posso. Gridavo alla ragazza di chiedere aiuto, ma lei sembrava pietrificata. Sono stati minuti interminabili“. La donna racconta come nessun sentisse le sue grida: “Sono passati diversi minuti a dire il vero prima che qualcuno sentisse. Forse nella sala degli infermieri non c’era nessuno oppure avevano la porta chiusa. Fatto sta che la colluttazione è durata molto. A un certo punto è entrato un medico, l’aggressore ha cercato di scappare nel corridoio, lo ha inseguito e braccato sulla porta afferrandolo dai vestiti e lo ha scaraventato a terra”.
(foto d’archivio)