Era il 4 settembre dell’anno scorso quando l’infermiera Rossella Nappini fu uccisa con una serie di coltellate nell’androne di un palazzo. Oggi l’ex compagno, che non accettava la fine della relazione, è stato condannato all’ergastolo. Adil Harrati, 46 anni di origine marocchina, era stato fermato il giorno dopo il femminicidio. A infliggere il fine pena mai i giudici della I Corte di assise di Roma. All’imputato è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà ma non quella della premeditazione.

La tragica aggressione a Rossella Nappini, non ultima di una lunghissima serie l’anno scorso, avvenne in pieno giorno. L’uomo, secondo quanto ricostruito dalla Procura della Capitale, aveva instaurato una relazione con la donna, che lavorava all’ospedale San Filippo Neri, per ottenere anche la sua regolarizzazione sul territorio italiano. Nei confronti dell’imputato l’accusa primaria era di omicidio aggravato dalla premeditazione e crudeltà contro una persona “a cui era legato da relazione affettiva cessata”.

Il rappresentante dell’accusa, nel corso del processo, ha affermato che “l’imputato sperava nel proseguimento della relazione tanto che si era ipotizzato un matrimonio che consentisse la regolarizzazione della sua posizione”. L’uomo, durante le indagini, era risultato irregolare da dieci. Ma la “chiusura della relazione, e dunque la vanificazione dell’intento dell’Harrati – disse ancora il pubblico ministero – è stato uno dei motivi dell’omicidio, un delitto commesso con 56 coltellate”. Nel procedimento si sono costituiti parte civile i figli, la mamma e la sorella della vittima e l’associazione “Insieme a Marianna”.

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