Ho letto con grande interesse l’articolo di Elena Basile uscito oggi sul Fatto quotidiano con il titolo L’occidente è in guerra, il dissenso ora si unisca. Senza voler fare torto all’articolazione dei ragionamenti ivi contenuti, mi pare di poter affermare che il centro dell’articolo – e della proposta politica ivi contenuta – si possa riassumere nella seguente affermazione: “È essenziale il contrasto alla guerra in nome della giustizia sociale, di politiche statali che limitino la belva sfrenata del mercato capitalista, degli interessi delle oligarchie della finanza. Questa è la strada”.
Condivido. La prospettiva di unire le forze che si oppongono alla guerra, alle politiche di guerra, all’austerità liberista e antipopolare ritengo sia il punto fondamentale di una politica che punti all’alternativa.
Oggi, le principali forze politiche dell’attuale schieramento bipolare, FdI da una parte e Pd dall’altra, condividono con una sintonia al limite dell’imbarazzante lo stesso impianto politico guerrafondaio e le politiche economiche ad essa connesse. Ovviamente Meloni e Schlein hanno culture politiche, linguaggi e immaginari politici assai diversi, ma concordano sull’essenziale e in sede europea lo hanno mostrato ampiamente con il sostegno a Ursula von der Leyen e al suo progetto guerrafondaio, subalterno agli interessi degli Usa e liberista e con l’incredibile voto a favore del lancio dei missili a medio raggio sulla Russia, cioè a favore della terza guerra mondiale.
La prospettiva che indica Elena Basile implica quindi che si costruisca una alternativa non solo alle destre ma anche al Pd, e che si scardini consapevolmente l’impianto bipolare oggi imperante nel nostro paese e che tanti danni ha provocato in questi decenni. Un compito arduo ma necessario, visto che è sempre più evidente che il sistema dell’alternanza non apre la strada all’alternativa ma invece la nega, in una danza immobile di alternanza tra simili che litigano su tutto salvo che sull’essenziale. Di questo si è accorta la maggioranza della popolazione che non va più a votare.
Oltre a condividere la prospettiva che propone Basile, penso anche che oggi vi siano le condizioni per realizzarla.
In primo luogo le politiche di guerra, oltre ai morti e ai feriti, producono impoverimento generale. Non solo perché l’enorme aumento delle spese militari – anche questo condiviso da centrodestra e centrosinistra – porta con sé un drammatico taglio delle spese sociali, ma perché le sanzioni economiche stanno distruggendo l’economia europea, a partire da quella tedesca e da quella italiana. Il no alla guerra non è solo un imperativo etico che riguarda la “testa”, ma una necessità sociale che riguarda la “pancia” della nostra gente. Il no alla guerra e alle politiche di riarmo è oggi una proposta politica maggioritaria nel nostro paese. Bisogna avere il coraggio di praticarla con determinazione.
In secondo luogo è del tutto evidente che in tutta Europa sta andando in crisi l’equilibrio fondato sul liberismo guerrafondaio: in Germania, in Francia ma anche in Romania e in altri paesi questa prospettiva non regge. Il caso della Francia è emblematico e occorre sottolineare la grande visione che ha animato la politica di Melenchon, che dopo aver piegato la sinistra liberista ha rotto il tabù del voto con la destra pur di arrivare a mettere in crisi il governo macronista. La situazione europea ci dice con chiarezza che il sistema centrodestra-centrosinistra, che ha gestito il liberismo di Maastricht, sta saltando e che in assenza di una risposta da sinistra saranno le forze di destra a capitalizzare questa crisi.
Infine, è sempre più evidente che l’alleanza – non solo militare – tra l’Europa e gli Usa è una fregatura. Il ciclo iniziato con la seconda guerra mondiale, discutibile ma comunque con una qualche utilità per l’Europa, è morto e sepolto. Gli Usa, mentre cercano di prolungare con la guerra la propria posizione di inaccettabile privilegio a livello mondiale, stanno succhiando sangue come un vampiro all’alleato europeo. E’ sempre più evidente che gli interessi dell’Europa non coincidono per nulla con quelli delle elites statunitensi: non coincidono sul piano delle politiche economiche, né su quello della guerra e delle politiche di riarmo. Il problema è che questo evidente sfruttamento dell’Europa da parte degli Usa è chiaro a tutti salvo che alle classi dirigenti europee che – a partire da Draghi – sono i principali fautori della sudditanza del vecchio continente.
Per tutte queste ragioni penso non solo che sia necessario costruire una convergenza tra le forze contro la guerra e contro il liberismo, ma che vi sia uno spazio politico vero per costruire questa prospettiva politica come prospettiva popolare, per costruire una coalizione popolare che, al di là delle legittime idee e differenze su mille questioni, si trovi unita sui punti fondamentali dello scontro politico odierno. Il no alla guerra e alle politiche di guerra, il no al liberismo e alle politiche di austerità, il no alla distruzione dell’ambiente, dei diritti sociali e civili costituiscono gli assi attorno a cui imbastire questa convergenza, questa coalizione popolare. Nel ringraziare Elena Basile di aver sollevato il problema non posso che dire: discutiamone e lavoriamoci!