"Un tradimento", protesta la France Insoumise. E il 75% dei francesi chiede le dimissioni del presidente della Repubblica
Se non ancora uno strappo definivito, di sicuro una crepa che può far crollare tutta la costruzione del Nuovo Fronte Popolare. Meno di sei mesi dopo la vittoria a sorpresa alle legislative, l’asse delle sinistre unite affronta una delle prove più dificili. Emmanuel Macron, che non ha nessuna intenzione di farsi da parte, sta continuando le consultazioni per trovare un nuovo governo dopo il fallimento di Michel Barnier. E per la prima volta, il Partito socialista ha dato segni di apertura: “Siamo pronti a negozionare per un governo con un contratto a tempo determinato”, ha detto il segretario Olivier Faure. “Ma mai con un primo ministro di destra”. Le condizioni perché il progetto si realizzi sono ancora molte, ma il solo fatto che sia stata ammessa la possibilità di dialogo con il grande nemico all’Eliseo, ha aperto la guerra con la France Insoumise e il leader Jean-Luc Mélenchon: “Non parla a nome nostro”, ha scritto su X. “Non ha il mandato né per andare solo né per negoziare un accordo”. Ancora più netta l’eurodeputata Manon Aubry: “Un tradimento”, ha detto a Bfmtv, ribadendo che il 75% dei francesi vuole le dimissioni di Macron.
Che fine farà il fronte della sinistra se i Socialisti aprono a Macron – Escluso di ridare la parola agli elettori (le elezioni legislative anticipate, essendoci appena state, sono possibili solo da giugno prossimo in poi), ora lo sguardo torna sull’Assemblea Nazionale e sulle possibili maggioranze. Ecco che allora, lo scatto in avanti del Ps è una delle novità che può, forse, creare nuovi equilibri. Il divorzio era stato già più volte ipotizzato, senza però che si arrivasse mai alla realizzazione: i Socialisti sono da sempre insofferenti nei confronti delle posizioni considerate più “estreme” degli Insoumis, ma sanno anche che strappare per andare a trattare con un presidente così impopolare non può che danneggiarli a livello elettorale. Una mossa rischiosa, soprattutto di fronte a una crescita nei consensi (13% alle Europee) dopo anni in cui si parlava solo della loro scomparsa.
La situazione ora però, è molto complessa: lo stallo può portare grossi rischi sul fronte economico (già la legge di Bilancio è stata congelata in attesa delle prossime mosse) e gli stessi Socialisti vogliono preservare anche il loro volto più responsabile. Ecco perché il Ps ha deciso di provare l’azzardo e andare a trattare con gli avversari. Lo ha spiegato Faure fin dal mattino, intervistato su Franceinfo, dicendo di essere disponibile a parlare con i macronisti e i Repubblicani “sulla base di concessioni reciproche”. Che vuol dire, innanzitutto, mollare la candidata del Nuovo Fronte Popolare, ovvero Lucie Castets. I Socialisti accettano di mollare il loro nome, ma a patto che l’alternativa sia sempre espressione della sinistra. Una condizione che non piace agli alleati del Nuovo fronte popolare, ma che potrebbe permettere la mediazione. Non meno problematici saranno poi i temi da discutere: “Siamo pronti a fare compromessi su tutti i temi“, ha assicurato Faure, compresa la contestatissima riforma delle pensioni che ha alzato l’età a 64 anni, ha detto, ma è necessario prima “congelarla”. “Facciamo una conferenza sul finanziamento e, alla fine, quando avremo trovato il metodo di finanziamento e la riforma che permette il finanziamento, abroghiamo”, ha proposto il leader socialista. E ha concluso: “Siamo obbligati a parlare con Macron poiché è lui che nomina il primo ministro”, ha detto Faure, “mi rendo conto che non c’è una maggioranza assoluta”.
Il gelo intorno: dai Repubblicani agli altri partiti della sinistra – Ma siamo sicuri che l’apertura dei Socialisti basterà per far nascere un nuovo governo? Assolutamente no. Il primo a gelare Faure e i suoi è stato il ministro dell’Interno dimissionario Bruno Retailleau, esponente de i Repubblicani. “La destra non può scendere a compromessi con la sinistra che ha tradito Blum e Clemenceau”, ha scritto su X. “Quella parte della sinistra che ha stretto un patto con gli Insoumis, si è rifiutata di denunciare gli eccessi folli dei Mélenchonisti dopo il 7 ottobre e ha votato una mozione di censura irresponsabile. Nell’interesse del Paese, la destra può accettare compromessi, ma non certo compromissioni”. Quindi, difficile immaginare un governo che li veda insieme al Ps. Intanto Macron, al segretario socialista, ha garantito che sentirà Ecologisti, Comunisti e France Insoumise. Mentre Les Repubblicains saranno all’Eliseo alle 20. Il primo ministro, comunque, non è atteso prima di lunedì: il weekend è dedicato all’inaugurazione di Notre-Dame, un trionfo da celebrare con tutti i leader mondiali, cercando di far dimenticare l’ennesima crisi politica.