Una malattia misteriosa che inizia con sintomi simil influenzali e che nel sud-ovest del Congo ha provocato oltre 150 morti, specialmente tra gli adolescenti. Quello che si sta diffondendo a Kwango, a 350 chilometri dalla capitale Kinshasa, sta sollevando preoccupazione in tutto il mondo per il rischio che possa diffondersi altrove. L’Italia alza dunque il livello di attenzione: le Usmaf – gli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del ministero della Salute, che si occupano del controllo sanitario su passeggeri e merci – sono state allertate anche se non esistono voli diretti. Non c’è nessun allarme per l’Italia, ma le Usmaf – come accade in tempi di globalizzazione e di mobilità internazionale – hanno ricevuto la comunicazione su quanto sta accadendo in Congo e sugli eventuali sviluppi da parte delle autorità sanitarie internazionali. Intanto si muove anche l’Organizzazione mondiale della Sanità.
L’Oms ha infatti inviato un team di esperti per supportare le autorità sanitarie della Repubblica Democratica del Congo nell’indagine sulla malattia. Secondo una nota dell’Oms, sono in corso test di laboratorio per determinare la causa della patologia. Il team inviato è composto da epidemiologi, clinici, tecnici di laboratorio, esperti di prevenzione e controllo delle infezioni e specialisti in comunicazione del rischio. “Gli esperti stanno anche consegnando medicinali essenziali, kit diagnostici e materiali per la raccolta dei campioni, al fine di accelerare l’identificazione della causa della malattia”, prosegue la nota dell’Oms. Le indagini si concentrano su diversi agenti patogeni, tra cui virus respiratori come l’influenza e il Covid-19, oltre a malattie come la malaria e il morbillo.
“Attivare laboratori mobili in Ue e Usa per capire di cosa si tratta” – Per Carlo Perno, responsabile Microbiologia e diagnostica di immunologia, ospedale pediatrico Bambino Gesù, in base a quello che sappiamo e ai decessi finora avvenuti “si tratta molto probabilmente di una patologia di origine infettiva diversa da quelle conosciute, da un patogeno con un decorso evolutivo molto rapido che può ricordare, e sottolineo può ricordare, i filovirus come ebola. Non sempre gli ospedali locali sono in grado di fornire assistenza adeguata, e senza corrette precauzioni di contenimento possono diventare centri di diffusione del contagio. I Paesi europei e gli Stati Uniti – continua Perno – devono attivarsi velocemente per procedere con l’identificazione del patogeno, che al momento è fondamentale. Occorre sapere se si tratta qualcosa che già conosciamo, e perciò se le persone siano morte per un elemento noto e non diagnosticato, o se siamo di fronte a un nuovo patogeno. Ma va fatto in fretta”. Inoltre, aggiunge, “potrebbero esserci altre centinaia di vittime nei villaggi non recatesi in ospedale. Inoltre non conosciamo il numero dei contagi totali, importante per determinare il grado di patogenicità” e, sottolinea, “occorre agire velocemente per effettuare una diagnosi, attivando laboratori mobili disponibili in Italia, in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti approntabili in 24 ore, altamente specializzati con strumenti, tende attrezzate, personale dedicato e sistemi di protezione che consentano di prelevare, trasportare e analizzare il probabile patogeno con macchinari avanzati e avere una diagnosi rapida. L’invio di epidemiologi dell’Oms sul posto è un inizio, ma occorre fare di più”.