Entro fine anno un disegno di legge del Mase collegato alla Legge di Bilancio e una newco costituita al 51% da Enel, al 39% da Ansaldo Nucleare, al 10% da Leonardo, con un probabile partner industriale straniero. Sono le prossime tappe della strada tracciata dal governo Meloni in previsione del ritorno al nucleare. Nei giorni scorsi, di fatto, è stata anche avviata la fase di scoping prevista dalla procedura di Valutazione ambientale strategica sulla proposta di Carta nazionale delle aree idonee ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco tecnologico. L’Italia, dunque, sembra accelerare pensando ai reattori di terza generazione (avanzata) e poi di quarta generazione che, ad oggi, non esistono ancora. Per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, “il Paese è maturo, anche culturalmente, per tornare alla produzione di energia nucleare”. Anche se l’81% degli italiani è contrario, secondo un’indagine Ipsos realizzata per Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club. Gli stessi sindaci non sembrano così convinti, dato che, dal Piemonte alla Sardegna, dopo l’avvio della Vas per il Deposito nazionale il fronte del no è più compatto che mai. E si parla dell’unico progetto sulla cui necessità non c’è alcun dubbio. Semmai le perplessità riguardano i criteri da seguire per scegliere i territori idonei ad accoglierlo.
L’annuncio della newco – Dopo le prime notizie trapelate dei giorni scorsi, i ministri dell’Ambiente, Pichetto Fratin, e del Made in Italy, Adolfo Urso, hanno annunciato la newco, intervenendo all’assemblea dell’Associazione Italiana Nucleare. “Con il disegno di legge arriverà una newco a controllo pubblico – ha spiegato Urso – che porterà alla realizzazione di piccoli reattori capaci anche di essere trasportati. Stiamo preparando il contesto affinché già alla fine di quest’anno l’Italia si possa avviare in modo consapevole e responsabile sulla via del nucleare di nuova generazione”. Nicola Lanzetta, direttore Italia del gruppo Enel, in questi giorni aveva spiegato che si tratta di una “newco di ricerca sulla quale, così come abbiamo fatto negli anni passati, cercheremo sempre di essere aggiornati e di capire le varie soluzioni. Ci sono oggi più di un’ottantina di soluzioni che appaiono nel nucleare e le studieremo. Poi vedremo la regolamentazione italiana cosa consentirà di fare”. Il ddl (il cui contenuto dovrebbe coincidere con quello della bozza di legge delega a cui sta lavorando il gruppo presieduto dal professor Giovanni Guzzetta) dovrebbe disegnare “un nuovo schema di governance del sistema” nel quale sarà authority l’attuale Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin), rafforzato in vista dei nuovi compiti di controllo e licensing. Non è ancora chiaro chi dovrà effettivamente costruire i reattori di terza e quarta generazione, se la newco a controllo pubblico (o semi pubblico) o altri attori privati.
Gli strumenti messi in campo per aprire la strada al nucleare – “Ho sempre detto che al Governo non spetta costruire nuove centrali” ha commentato al riguardo il ministro Pichetto Fratin, mentre Urso ha sottolineato che l’esecutivo deve creare “il contesto legislativo e finanziario su cui si potrà sviluppare in Italia un’industria degli impianti nucleari di terza generazione avanzata e, poi, di quarta generazione, con la prospettiva da tutti condivisa della fusione nucleare”. E per creare il contesto favorevole al nucleare, il governo Meloni sta utilizzando diversi strumenti, dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima alla Piattaforma per il nucleare sostenibile, la commissione tecnica del ministero incaricata di produrre una vera e propria roadmap scientifica e industriale. Nei prossimi mesi, come confermato da Francesca Salvemini, capo segreteria tecnica Mase, il gruppo presieduto dal professor Giovanni Guzzetta presenterà una bozza di legge delega per definire un percorso normativo. “Ci abbiamo lavorato anche come segretariato della piattaforma e come segreteria tecnica – ha spiegato – affiancando questo gruppo di giuristi. Sarà un quadro normativo che è molto richiesto, perché per fare gli investimenti in questo settore c’è bisogno ovviamente di regole chiare e consentirà non solo di attrarre capitali e talenti, ma anche di sostenere la ricerca e sviluppare una filiera industriale competitiva, perché la filiera industriale va potenziata”. L’Associazione italiana nucleare, nel frattempo, chiede al Governo di “costituire un soggetto industriale che selezioni e sviluppi in Italia le tecnologie avanzate più promettenti per il nostro Paese” citando gli SMR, Small Modular Reactors. Secondo uno studio pubblicato nei Proceedings of the National Accademy of Sciences (Pnas) e condotto da scienziati della Stanford University e della University of British Columbia, gli SMR produrrebbero più scorie, con quelle ad alta attività di un volume anche maggiore e più difficili da trattare.
Il nodo del deposito: sindaci in piazza dopo l’avvio della Vas – A proposito di scorie, come ha spiegato lo stesso ministro Pichetto “non si può pensare ad un ritorno al nucleare se non riusciamo a trovare un posto per stoccare i rifiuti radioattivi”. L’esponente del Governo è tornato a riproporre l’ipotesi del “deposito unico nucleare”, sottolineando che “le realtà locali saranno coinvolte e potranno dire la loro”. Per ora, però, le realtà locali scendono in piazza. L’individuazione del sito dovrebbe essere completata nel 2027, per poi rilasciare l’autorizzazione entro il 2029 e farlo entrare in funzione nel 2039. Nei giorni scorsi, i Comuni interessati hanno ricevuto comunicazione dell’avvio del procedimento di Vas e hanno 23 giorni per formulare le proprie osservazioni. Sul piede di guerra i primi cittadini dell’Alessandrino, dalla sindaca di Predosa, Maura Pastorino, al primo cittadino di Bosco Marengo, Maria Erminia Zotta, fino ai sindaci di Frugarolo e Castelletto, Martino Valdenassi e Gianluca Colletti. Non si placano le polemiche neppure in Sardegna dove sono otto i siti indicati dalla proposta di Carta nazionale delle aree idonee ad ospitare il deposito nazionale. E mentre il sindaco di Nurri ribadisce il suo “no” sui social, nei giorni scorsi il primo cittadino di Mandas, Umberto Oppus, ha scritto al presidente del consiglio regionale Piero Comandini e a tutti i capigruppo chiedendo un incontro urgente con i primi cittadini dei comuni interessati per “una presa di posizione unitaria”.