Terzo atto - 4/5
Nel frattempo a Velletri… Non è uno scherzo. La storia si sposta dalla Spagna a Velletri dove c’è una guerra tra spagnoli e imperiali. Alvaro è qui che combatte con l’esercito iberico e anche lui non sta bene di testa dopo il fattaccio del suocero mancato: si augura di morire in battaglia. Ripensa alla sua infanzia senza famiglia (è figlio di discendenti della famiglia reale Inca, un meltin’ pot che sembra di trovarsi al Parco Sempione il sabato pomeriggio), ripensa a quella notte in cui vide per l’ultima volta Leonora che lui crede sia morta e in sostanza la prega come se fosse Padre Pio. La preghiera è interrotta dai lamenti di un soldato: Alvaro si avvicina e lo soccorre. E chi è? Don Carlo, il cognato (cioè quasi). Forse rincoglionito dallo shock, Carlo non riconosce Alvaro e forse solo per questo i due si possono giurare amicizia eterna.
Il giorno dopo, sempre a Velletri, è il disgraziato di Alvaro a finire nelle pesti e Carlo a salvarlo. Il nostro eroe non se la passa bene e allora all’amicone affida una valigia piena di carte, lettere, documenti e soprattutto uno deve rimanere “segreto”. Se Alvaro muore, tutta quella roba dev’essere bruciata.. Mistero, suspense, cliffhanger a nastro.
Amici-amici, amici un emerito Vargas. Carlo appena è solo ripensa a quella strana reazione che Alvaro ha avuto quando ha nominato i Calatrava e allora apre il pacco pur senza Stefano Di Martino – almeno qui non figura tra i protagonisti – e cosa trova? Un ritratto di Leonora. Brutto sporcaccione, gli dice Carlo a Alvaro, vieni qui che ti sfido a duello. Prima però se ne dicono di tutti i colori. Quello che qui consta è che Carlo rivela che la sorella è ancora viva. “E dai, finiamola qui, lasciaci sposare” ci prova l’indio. “Ma te sei tutto scemo” gli risponde Carlo, “Se la trovo la ammazzo”. Quindi, duello. Sono già in mezzo al primo assalto che vengono interrotti dalla ronda delle guardie. Alvaro non aspettava altro: taglia la corsa e anche lui fulminato sulla via di Damasco si mette in testa che si deve fare monaco. L’atto si conclude con la zingara Preziosilla che predice il futuro e, come un segretario generale della Nato qualsiasi, incita i soldati alla battaglia. I soldati non sono tanto contenti.