di Enza Plotino
Governare la transizione ecologica e bloccare la liberalizzazione selvaggia degli anni passati, insieme alla gestione passiva dell’energia rinnovabile che ha “gonfiato” la potenza necessaria (pari a 54 GW) del fabbisogno isolano, è un obiettivo fondamentale. Questo processo ha favorito la richiesta di installazione di nuovi impianti eolici onshore, offshore e fotovoltaici, in risposta agli obiettivi di decarbonizzazione nazionali imposti dal recente “decreto aree idonee”, che prevede che la Sardegna debba arrivare entro il 2030 a una quota aggiuntiva di 6,2 GW di energia rinnovabile.
Il timore è che la Sardegna diventi un’isola esportatrice di energia rinnovabile senza che i cittadini sardi o la sostenibilità ambientale ne traggano alcun beneficio. Questo scenario ha spinto la giunta Todde, sotto la presidenza stessa, a regolamentare una materia sensibile che richiama alla memoria i fantasmi della modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica e del turismo selvaggio degli anni ’60, e ancora prima dello sfruttamento intensivo delle risorse forestali e minerarie.
Questa regolamentazione, che rientra nell’ambito della politica energetica del centrosinistra, punta a mettere al centro l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, fissando anche obiettivi quantitativi a breve e medio termine. L’intento è fermare la speculazione e contrastare il consumo indiscriminato del suolo. A tal fine, una norma stabilisce che le uniche zone destinate a ospitare impianti eolici e fotovoltaici saranno quelle industriali e le aree già compromesse. Con il ddl regionale sulle aree idonee alle rinnovabili, approvato in Consiglio Regionale dopo le modifiche delle Commissioni IV (Ambiente) e V (Attività produttive), la giunta Todde e la presidente stessa intendono gestire la transizione nelle zone del territorio sardo destinate all’installazione di impianti rinnovabili. Come ha dichiarato la presidente Todde, questa transizione riguarderà solo una minima parte del territorio sardo, “liberando” vaste aree non più idonee ad ospitare impianti e modificando gli iter autorizzativi. La presidente ha affermato che “quella marea di autorizzazioni che ha dato vita alle paure legittime dei cittadini, che si sono visti travolti da tutte queste richieste, non saranno più considerate effettive”, e che “quelle già rilasciate, che vanno in contrasto con quanto disciplinato nel disegno di legge regionale, saranno annullate”.
Quella che potrebbe essere la prima Regione ad approvare la norma sulle aree idonee intende rispondere alle polemiche distratte e artefatte che da più parti (governo, avversari politici, fuoco amico) hanno accolto negativamente il disegno di legge regionale. La presidente Todde ha ribadito che la Sardegna non si farà più calpestare e gestirà la propria transizione ecologica in modo autonomo. Il ddl prevede anche il finanziamento di incentivi con 670 milioni di euro da destinare dal 2025 al 2030, e stabilisce che gli usi civici, in linea generale, sono considerati aree non idonee, salvo che, in accordo con la Regione, le singole comunità locali decidano di portare avanti progetti di interesse per la comunità stessa. Governare la transizione nel rispetto di un territorio e dei suoi abitanti è il modello su cui la giunta si basa. Avanti tutta.