Le città siriane cadono una dopo l’altra. Sotto i colpi degli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) e delle milizie cooptate dalla Turchia, dei combattenti a maggioranza curda delle Syrian Democratic Forces e anche delle altre fazioni anti-Assad. Il regime sta perdendo il controllo del Paese, mentre l’alleato russo, che ha anche dovuto cedere una base, non sembra per ora in grado di aiutare i soldati di Bashar al-Assad a frenare l’avanzata ribelle. Gli altri sostenitori del regime di Damasco, Iran, milizie irachene e Hezbollah, promettono un sostegno incondizionato che, nel momento in cui si scrive, non si è ancora tradotto in azioni concrete sul campo. E dai più disparati angoli del Paese arrivano le immagini di statue ed effigi dei dittatori abbattute, mentre si rincorrono le notizie di defezioni tra l’esercito governativo.
Già dalla mattinata i ribelli siriani appoggiati da Ankara, che giovedì hanno conquistato la città di Hama, hanno ripreso la loro avanzata verso sud, puntando verso Homs. A intestarsi la guerra è stato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ufficializzando che l’obiettivo finale dell’avanzata rimane la capitale Damasco. Secondo l’agenzia Anadolu, Hts e le fazioni alleate contro il regime hanno preso il controllo del distretto di al-Rastan, città strategica nella marcia verso la capitale. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, le milizie sono ormai a 5 chilometri da Homs, terza città della Siria, dopo aver preso ormai da una settimana la seconda, Aleppo. Ed è notizia della sera che anche la Russia sta perdendo postazioni sul campo: gli insorti sostenuti dalla Turchia hanno preso il controllo di una base di difesa aerea russa con il sistema missilistico S-75 Dvina, nelle vicinanze di Hama.
Anche nel sud del Paese scoppiano rivolte anti-regime: Dar’a e Suwayda, i due principali capoluoghi del meridione, sono cadute sotto il controllo delle rispettive forze locali anti-governative. Fuori dal controllo di Damasco anche un altro avamposto fondamentale, quello di Deir-Ezzor, fondamentale sia per fitta presenza di pozzi petroliferi sia come snodo per il passaggio delle milizie irachene filo-Iran, finito in mano alle forze a maggioranza curda.
“Dopo Idlib, Hama e Homs ovviamente l’obiettivo sarà Damasco. La marcia delle forze di opposizione continua. Ci auguriamo che questa avanzata in Siria continui senza incidenti o problemi”, ha affermato Erdogan, parlando con i giornalisti dopo avere partecipato alla preghiera del venerdì in una moschea di Istanbul. “Abbiamo lanciato un appello a Bashar Al Assad, abbiamo detto ‘forza, determiniamo assieme il futuro della Siria’. Purtroppo, non abbiamo ricevuto una risposta positiva riguardo a questo”, ha aggiunto il presidente turco. Dopo avere interrotto le relazioni con Assad nel 2011, avendo sostenuto le proteste dell’opposizione, negli ultimi anni Erdogan ha chiesto più volte un incontro al presidente siriano per tentare di ristabilire le relazioni.
Attempting to separate Homs from Hama | Fighter jets attack Al-Rastan bridge on Homs-Hama highway#SOHRhttps://t.co/NLVLMHL7vW
— المرصد السوري لحقوق الإنسان (@syriahr) December 6, 2024
Anche Abu Mohammad al-Jolani, leader di Hayat Tahrir al-Sham, in un’intervista alla Cnn ha affermato che l’obiettivo dei ribelli filoturchi è di rovesciare il regime di Assad. “L’obiettivo della rivoluzione è il rovesciamento di questo regime. È nostro diritto usare tutti i mezzi disponibili per raggiungere tale obiettivo”, ha affermato Jolani in una località segreta della Siria, proprio mentre Hts conquistava Hama. “La Siria merita un sistema di governo istituzionale, non uno in cui un singolo sovrano prende decisioni arbitrarie”, ha detto il leader di Hts, organizzazione nata dall’ex Fronte al-Nusra legato ad al-Qaeda.
L’avanzata verso Damasco sembra procedere senza troppi intoppi. Già nelle prime ore del mattino, l’Osservatorio aveva riferito di attacchi aerei condotti dal governo contro un ponte autostradale sul fiume Oronte ad al-Rastan, allo scopo di interrompere l’avanzata: “Aerei da combattimento hanno effettuato diversi attacchi aerei contro il ponte al-Rastan sull’autostrada Homs-Hama, con l’obiettivo di interrompere il collegamento tra le due città e preservare la sicurezza di Homs”, ha scritto la ong, che ha sede nel Regno unito, citando le sue fonti sul campo. Sempre secondo la ong migliaia di civili sarebbero in fuga da Homs.
Anche il sud del paese sembra sfuggire dal controllo di Damasco. Daraa e Suwayda, i due principali capoluoghi della Siria meridionale, sono ora sotto il controllo delle rispettive forze locali anti-governative. Lo riferiscono media siriani e panarabi, secondo cui gli insorti sunniti a Daraa, culla delle rivolte del 2011, hanno preso il controllo delle postazioni governative dopo il ritiro dei soldati di Damasco.
Video geolocalizzati dalla Cnn mostrano combattenti che prendono il controllo di una strada nei pressi del confine con la Giordania. La rete americana riferisce inoltre di filmati che mostrano decine di uomini a bordo di moto diretti verso nord. E di un video in cui si vede una bandiera “Siria libera” issata nella località di Dael, a nord di Daraa, lungo una delle strade principali che porta a Damasco. Intanto il ministero dell’Interno di Amman ha confermato la chiusura di un valico di confine con la Siria (Jaber-Nassib), che secondo alcune fonti sarebbe stato conquistato dai ribelli.
Sarebbe per questo che le Forze di difesa israeliane stanno rafforzando il confine con la Siria inviando forze aeree e terrestri sulle Alture del Golan. La decisione è stata presa dopo le valutazioni effettuate dal capo di stato maggiore delle Idf, il tenente generale Herzi Halevi, e dal capo del Comando Settentrionale, maggiore generale Ori Gordin. Le Idf hanno spiegato che stanno dispiegando ulteriori forze terrestri e aeree sulle alture del Golan alla luce degli sviluppi in Siria, dicendo di prepararsi “a tutti gli scenari“.
Intanto le persone sono ripiombate nell’incubo della guerra e hanno iniziato a fuggire dai combattimenti. Secondo le Nazioni Unite sono almeno 370mila gli sfollati: “Dall’escalation delle ostilità, almeno 370mila uomini, donne e bambini, ragazzi e ragazze sono stati sfollati, di cui 100mila che hanno lasciato le loro case più di una volta”.