La nomea de “La forza del destino” come opera innominabile - 6/9
Opera disgraziata, portatrice di jella, funesta e dispensatrice di sfortune. Spesso gli addetti ai lavori non ne pronunciano nemmeno il titolo e si portano dietro amuleti scaramantici. La stessa Anna Netrebko, protagonista della kermesse nella parte di Leonora, alla presentazione stampa del titolo alla Scala, ha chiuso il suo intervento così: “Auguratemi buona fortuna!”. Jonas Kaufmann, il tenore tedesco inizialmente inserito nel cast e poi sostituito per problemi famigliari Brian Jagde, ha dichiarato di portare con sé un amuleto ogni volta che recita la parte.
Anche alla serata dedicata agli under 30, anteprima del 4 dicembre, il giovane pubblico si era in parte preparato, se pur in modalità scanzonata: gadget a forma di coccinella e cornetti vari.
Perché tutto questo scongiurare? Un avvenimento su tutti getta ancora un’aura sinistra sull’opera, ammantandola di significato sventurato: al Metropolitan di New York nel 1960 il grande baritono Leonard Warren perse la vita in scena, stroncato da un infarto proprio mentre cantava “Morir, tremenda cosa”. Uno scherzo del destino morire così sul palco in un’opera che parla proprio di avversità e scherzi della sorte di fronte alle quali siamo impotenti?
Non solo. Per aggiungere qualcosa alla sventura che si è abbattuta sul baritono in scena, inseriamo un altro avvenimento tristemente negativo e legato all’opera. Il librettista Francesco Maria Piave, dopo “la Forza del destino”, non scrisse più per Verdi. Fu colpito da tragici eventi fra cui la pazzia della madre e una grave malattia che lo paralizzò fino alla morte. Tralasciamo altre coincidenze meno dirette e ci fermiamo qui.