Ho appena vissuto dei giorni molto intensi e divertenti grazie al mio amico Alessandro. Ci sono persone che riescono a strapparti dal vischio della pigrizia e a farti vincere paure irrazionali, come la paura di prendere un aereo. Alessandro è una di queste persone. Mi sono fatto convincere dal suo entusiasmo e così sono andato in vacanza a Gran Canaria, mi ha fatto prendere l’aereo ben quattro volte, scalo a Barcellona all’andata e scalo a Madrid al ritorno. Appena entro in un aereo mi concentro sul volto dei passeggeri e mi domando “questo qui ha il volto di uno che precipita?”, devo dire che mi sono sembrati tutti passeggeri non precipitanti e infatti è stato così!
Durante il volo Alessandro è stato molto abile a distrarmi dalle turbolenze dell’aereo, abbiamo visto un film e giocato a scacchi, ovviamente mi ha dato scacco matto tutte le volte, ma ha dato anche scacco matto alle mie irragionevoli paure (l’aereo è il mezzo più sicuro al mondo, insieme agli ascensori), e dopo questa esperienza potrò andare in Australia senza problemi ad abbracciare i canguri!
A Gran Canaria abbiamo soggiornato tre notti all’Hotel Corallium, un ecomostro di lusso, con piscine e discoteche per attempati crucchi con la voglia di sentirsi ancora vivi e giovani. Insieme a noi c’era un’amica messicana dalla vitalità esondante; Paolita si è portata dal Messico una valigiona che abbiamo ribatezzato Mammuth e la vacanza è stata tutta un “chillout mammuth”. Ovviamente si è portata dietro un’intera distilleria di mescal che ci ha riscaldato nelle notti ventose delle Canarie. Oceano argentato, palme svettanti, il soffio caldo del Sahara a un passo, e le famose dune di sabbia di Gran Canaria a ridosso del freddo oceano, praticamente un deserto tascabile.
“Andiamo a bere Cuba libre sulle dune di notte, sotto il cielo stellato”, ci ha detto Alessandro una sera, come potevamo resistere a una proposta così seducente? Ci siamo fatti portare da un taxi all’ingresso principale delle dune, abbiamo scavalcato un’esile recinzione, ogni restrizione o divieto alle Canarie è vissuto con complice disinvoltura dalle forze dell’ordine, questa è stata la mia impressione, una sensazione di libertà accordata al turista, abbiamo affondato i nostri passi umani, troppo umani, nella sabbia, ci siamo addentrati con una glacette piena di ghiaccio, coca cola e rum, le stelle come uniche testimoni del nostro vagare, abbiamo scelto la nostra duna preferita, quella più materna, e ci siamo adagiati a chiacchierare di massimi sistemi ridotti al minimo.
A un certo punto, nel mezzo del nostro piccolo deserto, mi sono accorto di avere dimenticato il mio cellulare nel taxi. Alessandro, con coraggio alcolico, si è offerto di andare e recuperarlo e l’ho visto perdersi nella notte per poi ritornare facendo luce con la torcia del telefonino ritrovato! Ansimante, il volto pieno di sabbia, ma vittorioso, missione compiuta, mi sono sentito in dovere di accarezzare il suo bellissimo fondoschiena al vento. Ho dimenticato di dirvi che era quasi nudo! A ricoprirlo solo una sorta kimono corto, verde smeraldo, sempre elegantissimo, anche nelle avventure più strambe. “Ascoltate il silenzio, siamo solo noi, noi e il vento, noi e l’oceano, noi e le stelle”, noi e il Cuba libre, che non guasta mai caro Alessandro.
In questa splendida vacanza abbiamo incontrato anche Jack Malot, un produttore di champagne, un uomo affascinante di 81 anni, con una camicia di lino azzurra, ci ha detto “nella vita quello che conta è la libertà e l’amore, ma l’amore viene prima”. Jack è un miliardario simpatico e gentile che vive su un vascello in giro per il mondo, ci ha
lasciato anche il suo biglietto da visita e io ho avvertito prendendo quel biglietto che la sua libertà e il suo amore hanno avuto come sostegno tanto champagne e tanti soldi. Ma che male c’è? Se sei ricco e avido, sei un miserabile, ma Jack Malot mi è sembrato proprio un miliardario generoso, innamorato delle donne e dell’avventura e la sua gentilezza era il suo vero biglietto da visita.
Tornati a Milano all’aeroporto di Linate, abbiamo scoperto che i nostri bagagli erano rimasti nello scalo di Madrid, nessun turbamento, Alessandro mantiene sempre l’aplomb, non si scompone mai, e se si scompone dopo i Cuba libre si scompone con classe vertiginosa. Il giorno dopo il nostro arrivo a Milano, Alessandro mi manda un messaggio “vuoi venire al Conservatorio ad ascoltare Andràs Schiff che suona i contrappunti di Bach?”. Vi devo fare una confessione vergognosa: non ero mai stato al Conservatorio. Sentire suonare Bach da questo pianista ungherese con limpidezza inesorabile, con profondissima e sognante leggerezza, è stata un’esperienza indimenticabile. Si è avvicinato al suo pianoforte Steinway con il bastone, lentamente, ma appena si è messo a suonare ha preso il volo, anzi la fuga, l’arte della fuga nei cieli variopinti dell’arte, infatti prima di iniziare ci ha augurato “buon viaggio”.
Nel breve e pacato discorso iniziale Schiff ci ha raccontato che per lui Bach è il più grande compositore della storia, ci ha chiesto di fare silenzio dopo l’ultimo contrappunto in programma, un contrappunto incompiuto perché il grande compositore tedesco è morto, come capita a tutti gli umani, almeno fino ad ora. Ho visto la parrucca di Bach rotolare ai piedi del pianoforte, ho quasi ringraziato la morte del musicista perché lo spazio tra una fila e l’altra del Conservatorio è veramente molto stretto ed io sono grande e grosso; l’ascolto dei sublimi contrappunti è stato un mix beffardo di magia e tortura.
In ogni caso, dopo l’improvvisa interruzione del contrappunto finale, superato il minuto di silenzio in onore del musicista, gli applausi sono sbocciati come piante carnivore, quasi a volere divorare il corpo del grande concertista. Io mi sono avventurato in un “bravo, bis, bravo”, spellandomi le mani, mentre Alessandro ha mantenuto il suo solito aplomb, quasi accarezzandosi le mani nell’applauso.
Gli ho chiesto “ma tu non dici mai bravo, bis, alla fine di un concerto?”, e lui mi ha risposto così “mi è capitato solo una volta a Vienna, dopo il concerto del dj Gigi D’Agostino“. Lo so, dopo questo racconto anche voi vi siete innamorati di Alessandro, ma Alessandro è mio! Sto cercando con tutte le forze di diventare omosessuale, Ethel permettendo, sarà dura ma perché porsi dei limiti in questa vita? La fregatura è che Alessandro è etero e nel mio sforzo dovrei fare diventare omosessuale anche lui!
Lasciamo perdere, restiamo così, amici per la pelle, quella pelle che ha bisogno di carezze, brividi, stelle, dune di sabbia, concerti di musica colta e concerti spaccatimpani di dj in trasferta viennese, restiamo così: umani, con un Cuba libre in mano.