Nella scottante materia delle vaccinazioni, facoltative o obbligatorie, e dei loro potenziali effetti avversi, spesso si dimentica un dato normativo fondamentale. E cioè l’esistenza di due ben precise leggi dello stato italiano (tra l’altro, assai datate) che prevedono il diritto a indennizzi a favore delle vittime degli effetti collaterali di vaccinazioni obbligatorie (e pure facoltative, in determinati casi, come specificato dalla Corte Costituzionale). Il che significa con tutta evidenza che anche il legislatore è perfettamente consapevole di un dato di realtà (i rischi, anche gravi, connessi all’inoculazione di un rimedio vaccinale) bellamente ignorato, o addirittura negato, da una certa narrativa e da una certa pubblicistica, durante il recente periodo pandemico.

Le due norme in questione sono la legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati) e la legge del 29 ottobre 2005, n. 229 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie). La prima legge prevede, per gli aventi diritto, il riconoscimento di un assegno reversibile per quindici anni e di una eventuale indennità integrativa (ovvero un assegno una tantum per i superstiti). Con la seconda legge, si è stabilita la riconoscibilità di un ulteriore indennizzo (a favore dei danneggiati già ristorati in base alle provvidenze contemplate dalla legge 210 del 1992) sotto forma di un assegno mensile vitalizio, di importo da quattro a sei volte la somma percepita dal danneggiato ai sensi dell’articolo 2 della legge 25 febbraio 1992. Esso è corrisposto per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa.

A questo punto, un problema diventa la tempistica di decorrenza di questo secondo indennizzo. L’art. 2, comma 1, della legge n. 229 del 2005 demanda a un decreto del Ministero della Salute il compito di istituire “senza nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato, una commissione per la definizione degli importi da erogare di cui agli articoli 1 e 4”. Successivamente, il decreto del Ministero della Salute del 6 ottobre 2006 (Ricognizione delle modalità procedurali relative all’indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile) ha riconosciuto l’indennizzo aggiuntivo a decorrere “dalla data di entrata in vigore della legge 29 ottobre 2005, n. 229 per i soggetti che risultano, alla data di entrata in vigore della medesima legge, già titolari dell’indennizzo base”.

E per chi, invece, non si trovasse in tale condizione? Vale a dire per i soggetti che si sono visti riconoscere il primo indennizzo (definito “indennizzo base”) dopo il 20 novembre 2005? Il medesimo decreto testé citato così statuisce: “Per i soggetti che acquisiscono la titolarità dell’indennizzo base in data successiva, il riconoscimento dell’indennizzo aggiuntivo spetta dalla data di decorrenza dell’indennizzo base”. Tuttavia, per costoro, era invalso un indirizzo giurisprudenziale favorevole che estendeva, analogicamente e cronologicamente, la spettanza del secondo indennizzo (quello definito come “aggiuntivo”) facendolo decorrere sempre a far data dal 20 novembre 2005. Ebbene, la Corte di Cassazione è intervenuta con una recentissima sentenza (Cass. civ., sez. IV, del 25 novembre 2024, n. 30256) mettendo ordine, se così si può dire, nella materia.

I Giudici di legittimità, in particolare, hanno statuito come segue: “Il tenore letterale della norma è univoco e decisivo ai fini della soluzione della presente controversia: inequivocabile è il dettato testuale del decreto, nell’ancorare la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo alla data di entrata in vigore della legge n. 229 del 2005, per chi, a quella data, risulti già titolare dell’indennizzo base, mentre solo per chi acquisisca il diritto all’indennizzo base in epoca posteriore, la decorrenza dell’indennizzo aggiuntivo collima con la decorrenza dell’indennizzo base”. Ovviamente, tale nuovo orientamento non farà felici coloro che si sono visti riconoscere il primo indennizzo in epoca relativamente recente, e comunque successiva al 2005.

Tuttavia, la pronuncia ha se non altro il merito di riportare l’attenzione di tutti su un dato normativo inconfutabile che attesta un dato di realtà altrettanto inconfutabile: i vaccini, come tutti i farmaci, possono avere conseguenze negative anche gravi. Il legislatore ne è perfettamente a conoscenza e ha approntato nel tempo le opportune contromisure di tutela delle vittime. V’è da augurarsi che a ciò si accompagni, in avvenire, una altrettanto lodevole cautela nel calibrare la direzione, la misura e il (buon) senso delle future campagne vaccinali.

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