Il giovane attore ha spiegato come ha affrontato un ruolo così difficile delicato
È il film rivelazione di fine anno. “Il ragazzo dai pantaloni rosa” di Margherita Ferri è ispirato alla vera storia di Andrea Spezzacatena, quindicenne vittima di bullismo e cyberbullismo omofobo, che si tolse la vita il 20 novembre 2012. La pellicola macina incassi al boxoffice: sette milioni e mezzo di euro con 1.148.353 spettatori, al secondo posto del boxoffice, secondo i dati Cinetel di venerdì. A dare voce e volto sul grande schermo ad Andrea è l’attore quindicenne, Samuele Carrino.
“Non conoscevo la storia di Andrea, ho chiesto a mia madre e mi ha mostrato un video di Teresa (la mamma del vero Andrea, ndr). – ha rivelato a Il Corriere della Sera – Ho pianto, mi ha fatto stare male. Aveva la mia età. Come si può arrivare a que- sto? Se mi prendono, mi sono detto, ci metterò anima e cuore. Pensavo di essere pronto. Pronto a tutto, meno che all’incontro con lei. È venuta sul set, ho incrociato i suoi occhi, mi sono presentato, piacere Sam… E non sono riuscito a andare avanti. Ci ha pensato Teresa a rendere le cose semplici. E dopo mi ha detto che ha rivisto Andrea in me, il complimento più grande“.
Il giovane attore commenta anche il fatto increscioso accaduto all’anteprima romana, dove alcuni ragazzi hanno fischiato lanciando anche insulti omofobi. “Avrei invitato sul palco quelli che hanno urlato gli insulti. – ha affermato – Sono rimasto deluso, poi ho pensato che la cosa buona è che i bulli sono usciti allo scoperto, li hanno visti tutti. A volte ci si comporta così per un disagio. Vorrei dirgli di immedesimarsi. Pensi che sia un gioco, prendere in giro qualcuno, ma può diventare un tormento”.
Tra gli elementi di pericolo ci sono i social: “Basta mettere un like, pensando che sia una cosa da nulla, e diventa un gruppo intero con- tro una persona. Però su Tik Tok è partito un trend con i video di prima e dopo la visione, dove ci si mostra com- mossi. È l’esempio di come si possono usare bene i social“.