Politica

La più grande vittoria di un governo incompetente è che noi smettiamo di sognare

di Paolo

La più grande vittoria di un governo incompetente è che noi si smetta di sognare o di desiderare una vita diversa. Non c’è alternativa, la coperta è corta, non ci sono i soldi, non abbiamo la bacchetta magica, non è la priorità, non è la soluzione, non accetto lezioni da nessuno, non è vero, non mi sono mai risparmiato/risparmiata, non ne sapevo nulla… Non ne avete piene le scatole?

Non importa ciò che voto, cosa ho votato o cosa voterò. E’ sufficiente che io ritenga sia inutile, perché un governo incompetente possa ripresentarsi alle urne, sia esso unito o in ordine sparso. Non occorre che m’informi su un partito politico, dal momento che non sarò mai sicuro che ciò che leggo sia realmente attendibile e anche lo fosse; ci sarà un giornale vicino all’avversario che dirà l’opposto, così che io creda che c’è democrazia solamente perché giornali diversi mentono allo stesso modo.

Indubbiamente vi sono eccezioni, ma sono voci in una galleria affollata, all’ora di punta e in un giorno di sciopero. Non è indispensabile che un leader sia forte, basta che appaia così perché così dicono le voci e chi ha sparso le voci? Giornali amici il cui editore è a sua volta un leader che non ha la velleità di mostrarsi, perché ha già in pugno un leader che ha bisogno di lui per apparir tale. Non importa che m’indigni se un politico ruba, perché mentre si difende con le unghie e con i denti da cui sibila stupito dell’aver appreso la notizia dai giornali; già si sono indignati in così tanti, che sembrerebbe l’ultima volta, se non fosse che alla fine uno scandalo non dura il tempo che serve a tenere alto il livello di guardia, ma a coprirne a lungo altri ben peggiori.

Non serve che io sia intellettualmente onesto, perché le persone pretendono che lo sia, solo per avere l’ipocrita vantaggio di sottolineare le incongruenze che puntualmente ammetto, mentre omettono le proprie che educatamente non sottolineo.

Discutere di politica senza litigare è impossibile, perché sebbene io non critichi mai la sacrosanta scelta ma bensì l’oggetto della stessa, il più delle volte mi ritrovo trascinato in un pantano di chiacchiere e obbiezioni ridicole che sfiorano il cieco fanatismo, l’incomunicabilità e il complottismo.

Non si può dare la propria opinione senza essere sbranati da un branco di lupi che ululano allo schermo come alla Luna, ma che abdicano all’istinto selvaggio del pensiero libero, per abbaiare come i più addomesticati amici del leader alfa.

Non occorre cercare di spiegare che qualunque schieramento politico scegliamo o abbiamo scelto, che si vada a votare o che ci si chiuda nell’astensione, alla fine forse desideriamo più o meno le stesse cose: alzarci dal letto la mattina perché lo vogliamo e non perché dobbiamo farlo; fare i conti senza togliere il necessario dall’indispensabile; curare i malanni quando si presentano e non quando non se ne vanno; pensare alle cose da cui bisogna proteggere i propri figli, un giorno di meno ogni giorno che crescono; contribuire in ragione di ciò che si ha e che lo Stato costituzionalmente garantisce e non in base a ciò che serve allo Stato mentre calpesta la Costituzione; lavorare per migliorare le nostre condizioni di vita e non migliorare quelle di chi condiziona la vita al lavoro…etc.

La vita è troppo breve perché se ne occupi la politica e appare ancor più breve se non ci occupiamo della politica. Un vecchio detto (o almeno così lo ricordo), diceva: “Quando sei piccolo papà sa tutto, quando sei grande papà non capisce niente.” Eppure nessuno di noi crede che il proprio padre sia un millantatore, semplicemente crescendo cambia la nostra percezione, e lo vediamo nella condizione preesistente all’essere padre. Con i partiti funziona al contrario: in campagna elettorale possono fare tutto, quando sono al governo non possono fare niente, sono millantatori perché da soli hanno detto di sapere tutto, cambiando la nostra percezione per evitare che li si veda per quel che sono…dei mocciosi.

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