Il caso della bimba di 9 anni morta probabilmente per una reazione allergica al frumento dopo aver mangiato un piatto di gnocchi, impone una riflessione su come comportarsi in caso di emergenza e quali sono le precauzioni e le azioni da compiere. “Le reazioni allergiche più gravi agli alimenti avvengono dopo 30 minuti, ma possono sopraggiungere anche dopo 2-3 ore dal pasto se sono associate all’attività fisica. Quando un soggetto sospetta di aver mangiato qualcosa con un ingrediente per cui è allergico e che può scatenare una reazione non deve fare attività fisica entro le 2 ore e mezza dal pasto, non deve prendere farmaci antinfiammatori e deve rivolgersi subito ad un medico o ad un centro specializzato. In più c’è l’autoiniettore di adrenalina che viene dispensato dal Servizio sanitario nazionale a tutti coloro che hanno una storia di anafilassi, ad esempio da punture o da farmaci. È un farmaco salvavita, anche per i bambini, ma è molto tempo-dipendente e non sostituisce il ricorso al pronto soccorso. Spesso – spiega all’Adnkronos Salute Vincenzo Patella, presidente della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic) – è conosciuto da chi ha avuto uno shock anafilattico meno da chi non ha mai avuto nulla, ma è allergico agli alimenti. Va usato subito, però, ai primi sintomi come la difficoltà respiratoria, la respirazione affannosa e il calo pressorio”.

“C’è una legge europea che tutela i soggetti allergici e prevede che nei ristoranti ci siano menù con il tracciamento degli ingredienti – ricorda Patella – Alcune Regioni poi, come la Campania, sono anche più restrittive sull’obbligo di non usare certi prodotti. Come Siaaic abbiamo lanciato il bollino arancione con i cuochi che hanno seguito dei corsi in cui abbiamo spiegato le direttive sul tema degli allergeni e le metodiche per la tutela dei consumatori. Chi li ha seguiti può esporre il bollino arancione”.

Quello delle allergie alimentari è un tema delicatissimo perché sono in aumento nei bambini in tutto il mondo e anche in Italia. Secondo i risultati dello studio Epifa (Epidemiology of Paediatric Italian Food Allergy), promosso dalla Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento del 34%: “Più colpita la fascia d’età tra 0 e 3 anni, con un incremento del 120%”, evidenzia la Sigenp. Alcune di queste allergie possono avere un esito infausto, come accaduto a Roma.

Ma a che cosa è dovuto l’aumento vertiginoso della prevalenza di queste condizioni? “Le cause possono essere molteplici, da una eccessiva prescrizione di antibiotici e farmaci inibitori dell’acidità gastrica, all’uso di disinfettanti e antisettici. Ma un ruolo di grande importanza nel favorire la comparsa di allergie alimentari è dato dall’aumento continuo e inarrestabile del consumo di alimenti ultraprocessati in età pediatrica già a partire dal primo anno di vita – spiega Berni Canani, professore ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Napoli Federico II e coordinatore dello studio Epifa – Questi alimenti ultraprocessati, il cosiddetto ‘cibo spazzatura’ che in Italia, così come in altri Paesi come gli Stati Uniti o l’Australia, viene consumato sempre di più dai bambini, anche dai più piccoli, sono in grado di alterare il sistema immunitario e scatenare la comparsa di allergie”.

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