Nel febbraio 2020 Cotral, la società di trasporti del Lazio, lo aveva licenziato dopo che era stato sopreso a cantare in un piano bar in un giorno in cui risultava in malattia per una diagnosi di forte ansia. Tuttavia, il licenziamento è stato contestato dal lavoratore e successivamente annullato da due gradi di giudizio presso il Tribunale di Roma. Ora, anche la Corte di Cassazione, con una sentenza depositata il 29 novembre scorso, ha dichiarato “illegittimo” il provvedimento aziendale.

La Suprema Corte ha convalidato la decisione dei giudici di merito che avevano ordinato il reintegro del dipendente e riconosciuto un’indennità risarcitoria di circa 2.000 euro. Nelle motivazioni, i magistrati hanno sottolineato che, nel caso specifico, l’attività canora non era incompatibile con la diagnosi di ansia e depressione. Anzi, hanno evidenziato come tale impegno ricreativo potesse contribuire al recupero della malattia del lavoratore.

La Cassazione ha ribadito un principio cardine: un dipendente in malattia ha il diritto di dedicarsi ad attività personali, purché queste non compromettano il processo di guarigione o siano chiaramente incompatibili con la diagnosi medica. Per giustificare un licenziamento in tali casi, l’azienda deve dimostrare che l’attività svolta abbia aggravato lo stato di salute del lavoratore o sia in contrasto con la patologia dichiarata.

Un ulteriore aspetto evidenziato riguarda il rispetto degli orari previsti per le visite fiscali. Finché questi sono osservati, un dipendente in malattia può dedicarsi ad attività ricreative, come cantare in un piano bar, a meno che l’azienda non dimostri l’incompatibilità di tali attività con la condizione medica. Un esempio citato è quello di un lavoratore con mal di schiena sorpreso a giocare a tennis: in casi del genere, il nesso tra l’attività svolta e il peggioramento della salute deve essere chiaramente provato.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti