La specialista: "Adesso manderemo ad analizzare a Roma due campioni di siero, ci vorrà un mese per avere i risultati"
L’allarme per la malattia del Congo è piombato ieri sull’Italia con la notizia di un uomo, rientrato dalla Repubblica democratica del Congo ma da una zona lontana del focolaio, con sintomi compatibili con la patologia che ucciso una settantina di pazienti, perlopiù malnutriti e molto giovani se non bambini. A Repubblica Sara Moneta, la responsabile […]
L’allarme per la malattia del Congo è piombato ieri sull’Italia con la notizia di un uomo, rientrato dalla Repubblica democratica del Congo ma da una zona lontana del focolaio, con sintomi compatibili con la patologia che ucciso una settantina di pazienti, perlopiù malnutriti e molto giovani se non bambini. A Repubblica Sara Moneta, la responsabile del reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Luca di Lucca, ha spiegato quello che è successo: “Il paziente era preoccupato, la febbre non gli passava: l’abbiamo curato con una terapia antibiotica, ora sta bene. Adesso manderemo ad analizzare a Roma due campioni di siero, ci vorrà un mese per avere i risultati”. L’infettivologa ha contatto e comunicato all’Istituto superiore di sanità perché venissero disposti gli accertamenti utili per capire se l’uomo, 50 anni circa, abbia contratto la malattia che tra il 24 ottobre e il 5 dicembre 2024, nella zona di Panzi, ha registrato 406 casi di una malattia non diagnosticata con sintomi di febbre, mal di testa, tosse, naso che cola, dolori al corpo, anemia.
È stata l’anemia e la febbre persistente a innescare nell’uomo la necessità di tornare in Italia e di recarsi in ospedale. “Era tornato in Italia proprio perché non stava bene, dopo una settimana a casa è venuto in ospedale. Era molto preoccupato. L’abbiamo curato con degli antibiotici, quando è stato dimesso ci ha ringraziati a lungo”. Che possa trattarsi della patologia che sta colpendo quell’area è ancora poco chiaro. “Tendiamo ad escluderlo, in questo momento non c’è nessuna evidenza che ci faccia supporre una cosa del genere. Venerdì scorso però abbiamo avuto notizia della nuova infezione in Congo, così sabato l’abbiamo richiamato per fare degli accertamenti. «Abbiamo prelevato due campioni di siero, uno durante l’infezione, che è custodito nei laboratori di Pisa, l’altro sabato scorso, durante la convalescenza. Oggi saranno trasferiti a Roma per le analisi successive“. Sono stati testati i parenti e le persone con cui lavora in Congo non hanno avuto sintomi. I Nas hanno ritirato stamani i campioni del paziente I campioni prelevati verranno analizzati dall’Istituto Superiore della Sanità.
Come ha spiegato l’Oms la maggior parte dei casi segnalati “riguarda i bambini, in particolare quelli di età inferiore ai cinque anni. L’area è rurale e remota e l’accesso è ulteriormente ostacolato dalla stagione delle piogge in corso. Per raggiungerla da Kinshasa su strada ci vogliono circa 48 ore. Queste difficoltà, unite alla limitatezza della diagnostica nella regione, hanno ritardato l’identificazione della causa principale. Sono state dispiegate squadre di risposta rapida per identificare la causa dell’epidemia e rafforzare la risposta”.
Le squadre, riferisce l’Oms, “stanno raccogliendo campioni per le analisi di laboratorio, fornendo una caratterizzazione clinica più dettagliata dei casi rilevati, indagando sulle dinamiche di trasmissione e cercando attivamente altri casi, sia all’interno delle strutture sanitarie che a livello di comunità. I team stanno anche aiutando a curare i pazienti, a comunicare il rischio e a coinvolgere la comunità”. Considerando la presentazione clinica e i sintomi riportati, e un certo numero di decessi associati, la polmonite acuta, l’influenza, la Covid-19, il morbillo e la malaria vengono considerati come potenziali fattori causali, con la malnutrizione come fattore contribuente. La malaria è una malattia comune in quest’area e potrebbe essere causa o concausa di un’infezione. Sono in corso esami di laboratorio per determinare la causa esatta. In questa fase, è anche possibile che più di una malattia stia contribuendo ai casi e ai decessi”, spiega ancora l’Oms.