C’ero anch’io ma non mi ricordavo bene. Altri c’erano, anche più di me, ma non ricordano bene. In effetti sono passati 33 anni, e soprattutto ne è passata di acqua sotto i ponti. La morte dell’ex sindaco di Milano Paolo Pillitteri, e l’eco che ha avuto sui media e sui social, mi hanno indotto a cercare di ricostruire come e quando aveva terminato il suo mandato di sindaco.

Strano, ma è impossibile trovare questo “dettaglio” in rete. Non c’è negli articoli usciti per la sua morte, non c’è facendo ricerche con parole chiave, non c’è in Wikipedia. Su Wiki c’è una informazione proprio sbagliata secondo la quale dal 1990 al gennaio ’92 Pillitteri sarebbe stato alla testa di una Giunta Dc Psi Pri Psdi Pli, invece è stato sindaco di una coalizione con Pci/Pds Psi Verdi Pri Pensionati. Quella coalizione andò in crisi alla fine di novembre 1991.

Mi sono reso conto che molti, anche testimoni “oculari” o protagonisti dell’attività politica dell’epoca, tendono a pensare che Pillitteri sia stato disarcionato da sindaco per via di Mani Pulite. Non è così. Mani Pulite cominciò con l’arresto di Mario Chiesa, dirigente del Psi, il 17 febbraio 92. Sindaco era ormai, da poco più di un mese, Giampiero Borghini. Ma a fine novembre il Pds e i Verdi erano usciti dalla Giunta Pillitteri, determinandone la crisi.

Per ricostruirla ho fatto due telefonate importanti e ascoltato una registrazione “decisiva”. Roberto Camagni, allora vicesindaco Pds, ricorda la vicenda, o meglio l’innesco finale della vicenda. Il clima politico nazionale non favoriva la formula rossoverde milanese. Ci fu anche una controversia politico-amministrativa sulla Fiera di Milano (nuove costruzioni e Polo esterno alla città) sfociata in un clamoroso pareggio in un Consiglio Comunale nel quale i numeri erano risicati da tutte le parti. Un ordine del giorno finì 39 a 39, quindi bocciato. Camagni, assessore all’Urbanistica, diede le dimissioni. Era fallito il suo tentativo di mediazione (volendo semplificare, a posteriori, era l’alternativa tra più cemento e meno cemento, ma c’erano anche dispute procedurali).

Pillitteri voleva che le ritirasse, ma fu il gruppo Pds a decidere l’uscita dalla Giunta. Con che prospettiva? Era la Prima repubblica, col sistema proporzionale, il sindaco eletto o cambiato dal Consiglio Comunale, la crisi poteva teoricamente sfociare anche in un rilancio su basi nuove della collaborazione tra Pds e Psi. Il Pds avrebbe preferito un sindaco diverso da Pillitteri. Il Pds avrebbe voluto il proprio capogruppo Smuraglia come sindaco, ma erano tutti sogni inutili. Il Psi faceva quadrato dietro Pillitteri e andò a cercare la Dc come alleato alternativo. Erano quelli i tempi in cui il Psi poteva cambiare alleanze mantenendo il Sindaco: sia Tognoli che Pillitteri avevano alternato alleato.

Il Pillitteri Quarto era pronto (il primo dall’86 all’87 era stato con la Dc, poi col Pci dall’ 87 al 90, poi col Pci Pds Verdi e Pri dal 90 a fine 91), ma all’ultimo momento erano mancati i voti di un consigliere Pensionati ricoverato in ospedale e soprattutto del democristiano ribelle Carlo Radice Fossati che non ne voleva sapere di Pillitteri. A questo punto Pillitteri fece il cosiddetto passo indietro – “spetta ad altri” – e arrivò il soccorso “rosso” di Giampiero Borghini uscito dal Pds per allearsi coi socialisti e, già che c’era, per fare il sindaco. Eletto il 18 gennaio 1992.

In termini “complottistici” si potrebbe pensare che il Pds abbia subodorato l’arrivo di Mani Pulite e abbia cercato di sottrarsi alla tempesta divincolandosi dai socialisti. Ma non c’è bisogno di ipotizzare informative segrete. Già a fine 1991 il Psi veniva più di prima percepito in città come una consorteria di potere e il Pds, già che aveva appena abbandonato il nome comunista, viveva una riscossa dell’anima di sinistra rispetto a quella “migliorista” legata al Psi.

E’ assolutamente vero che poi, nei mesi successivi, Pillitteri venne preso di mira dalle inchieste Mani Pulite, ma la sua uscita di scena come Sindaco fu dovuta alle dinamiche politiche che sto cercando di ricostruire. Barbara Pollastrini, allora segretaria del Pds, ricorda quella vicenda con orgoglio. “Fummo soprattutto Smuraglia e io a volere quella rottura e non nasceva da conflitti di potere o da tegole giudiziarie. Coi craxiani ci stava dividendo tutta una visione politica delle cose e del modo di governare. Personalmente ero soprattutto preoccupata che il Pds affermasse la propria identità e autonomia politica, che non fosse subalterno al craxismo, fu una battaglia politica difficile al nostro interno.”

Ancora più radicale la ricostruzione che ne fece Franco Bassanini, deponendo come testimone a un processo di Mani Pulite nel 1995 (trovata on line nell’archivio di Radio Radicale). Era stato consigliere comunale indipendente, candidato come capolista alle elezioni del 1991. “Pollastrini voleva marcare l’apertura alla società civile, al rinnovamento. Aveva chiesto invano a Nando Dalla Chiesa di fare il capolista indipendente del Pci alle elezioni del 90. Poi candidarono me”. Le definirei ambo scelte polemiche verso il Psi (NdR).

Bassanini racconta varie battaglie interne alla coalizione e allo stesso Pds e testualmente dice “In città si sapeva che c’era un clima diffuso di clientelismo e di corruzione. La spinta per andare alla crisi con Pillitteri fu sostenuta soprattutto da noi quattro consiglieri della sinistra indipendente, io stesso, Bianca Beccalli, Paolo Hutter, Paola Manacorda e, nel Pds, Pollastrini e Smuraglia”. E’ così che ho trovato il mio nome tra i “picconatori”!

In conclusione: credo che questa pagina politica venga poco ricordata perché il seguito fu un traballante anno centrista con Borghini e poi ci vollero circa vent’anni prima che gli eredi del Pci Pds e dei Verdi tornassero nel governo della città. Per quanto riguarda gli eredi del Psi, com’è noto si dispersero su fronti anche opposti. Era stato Pillitteri sindaco a celebrare le nozze di Berlusconi (testimone Bettino Craxi).

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